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Bersani perde anche gli ulivisti di Prodi

Pierluigi Bersani, segretario del Pd

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Riavvolgiamo il nastro. Gennaio 2010. Il Pd è alle prese con la grana Regionali. A far fibrillare il cuore dei Democratici sono, guarda caso, l'Udc di Pier Ferdinando Casini e la sua politica delle alleanze. Francesco Rutelli se ne è andato un paio di mesi prima per fondare l'Api e attacca: «Il Pd è la quarta matrioska del Pci, passando per il Pds e i Ds». Massimo Cacciari è durissimo: «Il Pd è in una crisi drammatica di leadership e di strategia». Nel frattempo Pier Luigi Bersani cerca di aprire un canale di dialogo con il governo sul tema delle riforme e, dopo aver trascorso nel silenzio le sue vacanze natalizie, convoca una conferenza stampa (è il 7 gennaio ndr): «Mi si dice di essere un po' scomparso. Bisogna che vi abituate un po': chi ha maggiori responsabilità non deve per forza partecipare alle chiacchiere quotidiane». Cosa è cambiato undici mesi dopo? Che se allora il segretario poteva permettersi il lusso di scomparire per un po', oggi rischia di scomparire definitivamente. Lui e tutto il Pd. Dalle parti di Sant'Andrea delle Fratte non è un buon fine anno. I vertici democratici avevano investito tanto, forse tutto, sulla possibilità che Silvio Berlusconi venisse sfiduciato. Avevano puntato su Gianfranco Fini e sulla sua truppa che sembrava non temere alcunché. Alla fine hanno incassato solo lo smottamento interno all'Italia dei valori che, se ridimensiona un pericoloso alleato, è comunque troppo poco per esultare. Nemmeno la frenata in extremis, con piazza San Giovanni piena e Bersani che si mostrava scettico sull'effettiva caduta del governo, è servita a salvare al faccia. Dicembre 2010 è il mese della sconfitta. E ora sono in molti a presentare il conto al segretario. Qualcuno (come gli ex Popolari guidati dal senatore Riccardo Milana) ha preferito dirigersi altrove. Altri, rimasti nel recinto democratico, colgono la palla al balzo per alzare la voce. Gli ultimi in ordine di tempo sono gli ulivisti capitanati da Arturo Parisi che ieri, con una lettera pubblica sul Corriere della Sera, hanno annunciato quello che appare come il preludio ad un'ulteriore fuoriuscita. Con l'ex ministro della Difesa e braccio destro di Romano Prodi ci sono altri cinque deputati: Mario Barbi, Antonio La Forgia, Fausto Recchia, Albertina Soliani e Giulio Santagata, oltre all'ex senatore Andrea Papini. Solo due di loro fanno parte della Direzione Nazionale (Santagata e Parisi con quest'ultimo che non ha mai partecipato) e quindi per Bersani non si pone un problema di numeri in vista dell'appuntamento del 13 gennaio. Ma è chiaro che un eventuale abbandono dell'uomo che è stato il principale promotore delle primarie in Italia non sarebbe un buon segnale per un partito che, nelle intenzioni del segretario, vuole utilizzare l'inizio del 2011 per rilanciare la propria azione. E a giudicare da ciò che scrivono gli ulivisti la "fuga" è solo questione di tempo: «Quasi tutte le parole che negli ultimi anni hanno accompagnato, e guidato, il nostro cammino comune hanno perso il loro senso». Di qui l'annuncio di voler «concorrere alla vita del partito», decidendo caso per caso. Insomma, una sorta di "appoggio esterno" che non fa ben sperare. Ciò nonostante il segretario non appare eccessivamente preoccupato. Non commenta la lettera, torna a prevedere l'imminente fine di Berlusconi («Fin qui ha governato, avendo una grande maggioranza, con 38 voti di fiducia. Adesso non so come farà ad avere i voti di fiducia. Non potrà governare e potrà sopravvivere attaccato a se stesso») e prepara le prossime mosse. La Direzione del 13 dovrebbe sancire la pace con la minoranza interna più forte (quella guidata da Walter Veltroni, Beppe Fioroni e Paolo Gentiloni), ma il nodo da sciogliere è soprattutto quello delle future alleanze. Bersani è convinto della bontà della sua proposta, che prevede un'alleanza larga che coinvolga sia il Terzo Polo che la sinistra di Nichi Vendola e crede sia giunto il momento di spiegarla agli elettori. Per questo, dopo l'appuntamento di metà gennaio intraprenderà un «viaggio nell'Italia che cambia»: una decina di appuntamenti lungo la Penisola, non con il popolo del Pd ma con i vari segmenti della società, dagli studenti ai piccoli imprenditori, passando per gli operai, i ricercatori e gli artigiani. Nei diversi incontri, il primo dovrebbe essere dopo la Direzione in una città del Nord-Est sul tema del fisco, Bersani esporrà le proposte del partito, che poi saranno la piattaforma da offrire a tutte le opposizioni per modellare una coalizione. Nel frattempo si guarda alla ripresa dei lavori parlamentari. In calendario c'è la mozione di sfiducia al ministro Sandro Bondi. Gli occhi del Pd sono puntati sul Terzo Polo. Ma forse, per Bersani, è meglio non investirci troppo.

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