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Saviano attira le ire dei collettivi

Roberto Saviano

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Saviano ha fatto arrabbiare gli studenti. Così domani e mercoledì saranno in piazza anche contro lo scrittore. «Non dategliela vinta, non cadete nella trappola, come negli anni '70. La violenza è un discorso perdente, non credo riguardi gran parte di voi. Ascoltateli e ridete di questi vecchi signori, eterni giovani che hanno fallito con le loro strategie violente. Non so quale è la strada ma so quale è quella da non prendere. Non lasciamo al governo Berlusconi la possibilità di reprimere tutto questo come un movimento di violenti». Così Roberto Saviano dalle pagine di Repubblica. Non si risolve tutto con «dagli addosso allo sbirro. Io sono amico degli sbirri e rivendico questa amicizia», metafora pasolinaina dello scrittore napoletano. I colletivi, quelli più radicali sono scesi in campo contro il nuovo idolo della Sinistra che conta. «La distinzione tra buoni e cattivi, tra il movimento reale e i facinorosi, è quanto di più artificioso possa essere scritto» e «se non capisci che gli attori delle dinamiche che hanno avuto luogo» martedì scorso a Roma «vanno ben al di là di sparuti gruppetti di teppisti, di professionisti della guerriglia urbana, vuol dire che la tua percezione della realtà è assolutamente fallace». I netwok alternativi come Ateneinrivolta e quello delle «facoltà ribelli» ospitano decine di risposte al veleno. Quella firmata dal Collettivo autorganizzato universitario di Napoli è una lettera a tratti dai toni duri contro l'autore di Gomorra, «accusato» di non capire nemmeno lui «le indicazioni che si possono trarre dalla manifestazione di Roma», che appunto «sono completamente diverse» da quelle teorizzate da Saviano nel suo scritto. Colpevole di «tessere le lodi dei "valori antimafia di Almirante", repubblichino a Salò e fucilatore di partigiani». «Non siamo né imbelli né imbecilli - scrivono -. La creazione del militante immaginario che ci hai regalato è degna dei migliori (o peggiori) testi di fantascienza. Quelli che descrivi come «anarchici in tuta nera», «quei cinquanta o cento imbecilli», «piagnucoloni» siamo in realtà noi tutti, studenti, lavoratori, disoccupati; insomma, i «dannati della terra dei nostri giorni». Quindi, la conferma di una violenza condivisa. «La verità è che quelli con i caschi, i "codardi incappucciati", non erano poche decine, ma migliaia. Che anche quelli che non hanno preso parte in prima persona erano in gran parte sulla stessa lunghezza d'onda degli altri».

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