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Le botte ai compagni decise in assemblea

Uno dei manifestanti con il casco in mano

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Picchiatore fascista. Infiltrato. Si è detto e letto di tutto sul ragazzo con il casco che picchia il quindicenne davanti a via degli Astalli. Invece è un «disobbediente» di Casarin e il pestaggio deciso il giorno prima a La Sapienza.  Per un giorno intero è rimbalzata la notizia che fosse un giovane di Casa Pound, quindi un picchiatore fascista e infiltrato. Il braccio alzato che indicava la sua vittima era diventato il saluto romano. Ma la verità viene a galla. È un ragazzo del servizio d'ordine. Appartiene ai «Disobbedienti» di mala memoria. Non è un caso che lì a pochi passi ci sia Francesco Caruso, leader delle «tute bianche» oggi passate ai caschi e felpe nere, che soccorrerà il ferito. Sono gli stessi manifestanti che hanno partecipato al corteo che avvertono: è un «compagno» sempre presente alle manifestazioni. Per alcuni è «romano» per altri del Nord Est del «gruppo di Casarini». Il web viene riempito da video dove compare lo stesso «colpitore di casco» mentre allontana altri manifestanti da un blindato dei carabinieri. «Mantenva l'ordine». Soprattutto faceva rispettare le direttive decise la sera prima in un'assemblea a La Sapienza. A rivelare tutto un «compagno» che posta la verità sul forum di informazione alternativa che da quattro giorni ospita commenti sulla vicenda. «La "cascata" era stata decisa in assemblea la sera prima - si legge nel post - Il fatto è gravissimo perché preventivato nell'assemblea tecnica a La Sapienza». In questa riunione, secondo quanto si legge nel forum, venne comunicato ai presenti «che chiunque non avesse rispettato le decisioni sarebbe stato riempito di botte». Così si scopre che durante quell'assemblea nel più grande ateneo di Roma, fu decisa la strategia da attuare il giorno dopo durante il corteo. Le decisioni dell'assemblea «tecnica» prese dai «comunicatori» prevedevano che andava evitato «lancio di frutta, uova, palloncini colorati, all'ingresso nella zona rossa vicino Montecitorio ma anche contro le banche e le telecamere. I book block (gli scudi che raffigurano libri, ndr) davanti a protezione degli altri dietro, corteo che terminerà a piazza del Popolo con un'assemblea pubblica (quindi senza tentativi ulteriori di avvicinamento a Camera e Senato) e nuovo corteo dal Muro Torto. E se la polizia attacca? «Resistiamo» la risposta dei «comunicatori», come non è stato dato sapere visto che nessuno avrebbe dovuto avere, diciamo così, materiali atti alla difesa della propria incolumità personale (servizio d'ordine a parte, dotato di soli caschi e libri-scudo)». Decisioni non rispettate. Ma la «verità» rivelata con tanto di «auguri di pronta guarigione al ragazzo e un pensiero ai suoi cari» scatena i frequentatori del web. Pochi i «Taci» molti i commenti che squarciano il velo su una realtà violenta che serpeggia in questo nuovo movimento. «Niente di nuovo sul fronte romano», scrive John Doe. «Sono anni che le ormai defunte Tute Bianche pretendono di egemonizzare piazze e assemblee con metodi che definire squadristi è poco. Frasi del tipo "Chi non fa così, viene gonfiato" o i cosidetti "compagni", che quando dissenti dalle loro posizioni, ti fanno il gesto della P38 in assemblea, non sono una novità nella Capitale». Ci sono anche i pentiti come «47 morto che parla». «Anch'io ero a quella "punta tecnica", quando è stato detto pubblicamente che si sarebbe dovuto menare chi sgarrava, non ho detto nulla, non credevo che avrebbero veramente pestato qualcuno, non mi sono reso conto della gravità di quelle parole... Mi sento una merda. Non farò due volte lo stesso errore». E quanto è accaduto, il ferimento di Cristiano C., sembra aver posto le premesse per un regolamento dei conti. Ieri sera «block» avvisa «Arriverderci al 22... Chiudiamo il conto con le "guardie bianche"».

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