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Il Pd tira un sospiro di sollievo

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Pierluigi Bersani, segretario del Pd

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Il filosofo francese Michel de Montaigne sostiene che «ci sono sconfitte più gloriose che vittorie». Pier Luigi Bersani la pensa sicuramente così. Perché è indubbio che quella di ieri è, per il segretario, una sconfitta. Ma ha quasi il sapore di un vittoria. O potrebbe presto averlo. Nelle ultime settimane il leader Democratico si è dato parecchio da fare. La mozione di sfiducia, la manifestazione di piazza San Giovanni, un intervento in Aula con appello finale agli indecisi («Sta passando una fase. Non diamo troppo tempo al tramonto, può solo far del male al Paese»). È andata come è andata ed ora è tempo di bilanci. Il primo è positivo: la iattura delle elezioni anticipate è stata evitata. Non si sa per quanto tempo, ma nell'immediato il Pd non è costretto ad imbarcarsi in una campagna elettorale che poteva avere esiti disastrosi. E ora Bersani può cercare di recuperare un po' dei consensi persi per strada. Il secondo bilancio riguarda gli alleati. Antonio Di Pietro è in difficoltà per le fughe dei suoi (gli ex Idv Antonio Razzi e Domenico Scilipoti hanno contribuito a salvare l'esecutivo) e, dopo aver vestito i panni del killer del Pd, oggi ne diventa il bersaglio. Non a caso, dopo aver ricordato che quella di Berlusconi è una «vittoria di Pirro», il segretario democratico incalza: «Abbiamo il governo Scilipoti-Razzi». Anche Nichi Vendola si è leggermente ridimensionato. Con il voto più lontano il leader di Sel sarà probabilmente costretto a fare un passo indietro. Certo, lui si dice sicuro che si andrà comunque alle urne a marzo, ma dal Pd lo attaccano. «In queste ore - scrive il deputato Guglielmo Vaccaro sul sito dell'associazione lettiana TrecentoSessanta - vediamo il governatore della Puglia aggirarsi per Roma e fare le prove generali di primarie ed elezioni che esistono, per il momento, solo nella sua fantasia. Anziché assumersi le responsabilità di cui l'ha investito il voto popolare, continua a giocare all'aspirante leader di un Paese che non c'è». A questo punto, però, resta un nodo da sciogliere: cosa si fa? Bersani annuncia un'opposizione «fermissima» e conferma la linea tenuta fin qui. Dopotutto, è il suo ragionamento, è soprattutto grazie al Pd e alla sua scelta di fare da sponda a Fli e Udc se la maggioranza è passata da 60-70 voti di vantaggio ad appena tre. Ed è per questo che Enrico Letta incalza: «Dobbiamo proseguire sulla linea del rapporto con Casini e Fini». Ma non tutti nel partito la pensano così. Anzi, in molti contestano a Bersani la scelta di giocare continuamente di rimessa. Una scelta che alla fine si è dimostrata fallimentare visto che Berlusconi è ancora al suo posto. Non solo, ma a via del Nazareno c'è la certezza che i centristi andranno presto ad allargare la maggioranza e quindi, il progetto su cui Bersani ha fondato la propria leadership (dialogo e alleanza con il centro) è a tutti gli effetti naufragato. In un momento diverso l'opposizione interna chiederebbe la testa del segretario, ma adesso tutto è ritornato in discussione. Gli ex Ppi, dati in uscita, devono aspettare di capire cosa accadrà al centro. Walter Veltroni, che oggi riunirà Modem per fare il punto della situazione, non ha la forza per sostenere un candidato alternativo a Bersani. Insomma, la resa dei conti è rinviata. E anche questa, nella sconfitta, è una piccola vittoria di Pier Luigi.

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