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Senza firme e soldi Fini si rimangia il ribaltone

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Gianfranco Fini e Fabio Fazio

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All'angolo. Con pochi voti, pochi soldi e poche firme per il suo Manifesto per l'Italia. Fini è forse nel momento più difficile da quando ha iniziato la sua personale battaglia contro il Cav. Eppure, adesso, prima Adolfo Urso, poi Italo Bocchino, in due interviste hanno detto che è l'ipotesi che Fli preferisce. Anzi, ieri il capogruppo alla Camera dei futuristi è stato ancora più chiaro: «Se Berlusconi si dimettesse prima, avrebbe la certezza di continuare per tutta la legislatura. La prassi parlamentare prevederebbe infatti il reincarico da parte del Presidente della Repubblica». E anche la frase pronunciata, sempre ieri, dal presidente della Camera durante un incontro con gli studenti romani al liceo classico Orazio va in quella direzione: «Non faremo mai un ribaltone». Dunque, sembrerebbe, strada sbarrata a un esecutivo tecnico con maggioranze diverse da quella attuale. Ma anche sull'ipotesi Terzo Polo si comincia a frenare. Uno come Silvano Moffa – deputato colomba e votato alla trattativa a oltranza con quella che chiama la parte «ragionevole del Pdl» – spiega che «le alleanze si fanno quando ci sono le elezioni, noi ora siamo e restiamo nel centrodestra». Così in queste ore sono iniziate trattative frenetiche tra Pdl e Futuro e Libertà. Trattative nascoste, sottotraccia, che cesseranno un minuto prima del voto di sfiducia alla Camera. Con l'obiettivo proprio di evitare quella prova di forza che non piace per niente alla parte del partito più moderata. Oltretutto se la «spallata» dovesse fallire per Futuro e Libertà le conseguenze sarebbero disastrose. Perché avrebbe fallito clamorosamente il suo obiettivo e sarebbe di nuovo costretta a una tattica di «guerriglia» in aula contro Berlusconi. Che però stavolta sarebbe difficile da giustificare. Ma anche se si dovesse andare al voto l'orizzonte di Fli non è così roseo. Per i sondaggisti il partito dovrebbe viaggiare attorno all'8 per cento ma è un dato che a molti sembra eccessivo. E che comunque potrebbe non garantire ai finiani posti al Senato. Insomma in questo momento tutto sembra andar male a Futuro e Libertà. Le casse del partito, ad esempio, sono drammaticamente vuote. Il blocco dell'eredità di Alleanza Nazionale ha sconquassato assai i progetti dei finiani che su quei soldi contavano per organizzare il partito. Invece, a corto di fondi, sono stati costretti a far «traslocare» il partito negli uffici di Farefuturo di via del Seminario. Suscitando i malumori di chi ritiene che in questo modo la Fondazione sia diventata troppo politicizzata. Per trovare finanziamenti Fli ha organizzato la cena di venerdì a villa Miani: ogni posto mille euro. Ma gli ospiti sono stati molto meno del previsto e alla fine, per fare numero, gli organizzatori hanno fatto partecipare tutte le persone dello staff dei deputati. Non va certo meglio per la raccolta di firme a favore del Manifesto per l'Italia che verrà presentato a Milano il 14, 15 e 16 gennaio. Nel week end le sottoscrizioni sono state pochissime, a Roma pare che siano state non più di dieci. Ed è probabilmente per questo che Gianfranco Fini un paio di settimane fa ha lanciato l'appello agli immigrati: firmate anche voi il nostro programma. Un'iniziativa in linea con le ultime «evoluzioni» del leader di Fli, che ha depositato una proposta di legge per concedere il diritto di voto anche ai cittadini stranieri. Ma che non tutti i finiani hanno gradito. E le crepe si allargano.

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