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Fli s'attacca anche al simbolo del Pdl

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Italo Bocchino

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Alla fine è successo. Il Tempo lo aveva scritto lo scorso luglio ricevendo, per tutta risposta, la replica piccata dell'ufficio stampa del Pdl: la versione fornita è «fuorviante». Talmente «fuorviante» che a distanza di quattro mesi i finiani, Italo Bocchino in testa, vanno all'attacco: senza l'accordo di Gianfranco Fini, Silvio Berlusconi non può utilizzare il simbolo del partito. «Dicono che Berlusconi stia preparando un nuovo partito per rinnovarsi in vista del voto - afferma in una nota il capogruppo di Fli alla Camera -. Comprendiamo la sua esigenza, anche perché il nome e il simbolo del Pdl sono in comproprietà con Fini e non potrà utilizzarli. Dicono anche che nella conferenza stampa tenuta due giorni fa a Lisbona si sia fatto sfuggire che vuole scendere in campo definendosi "il vero centrodestra". Per evitargli problemi giudiziari, che purtroppo non gli mancano, gli comunichiamo che dal 17 maggio scorso "il vero centrodestra" è stato registrato da noi all'ufficio marchi e brevetti di Roma. Una ragione in più che prova che il suo non sarà il vero centrodestra italiano». E la querelle si riapre. Qualche elemento per capire i contorni della vicenda. Tutto ruota attorno a tre atti: la cessione del simbolo, l'atto fondativo del Pdl, lo statuto del partito approvato nel marzo del 2009. Due di questi atti sono stati sottoscritti davanti al notaio Paolo Becchetti di Civitavecchia che nel suo curriculum vanta anche due legislature in Parlamento nelle file di Forza Italia. Si inizia il 19 dicembre del 2007. Nello studio di Becchetti si presenta l'imprenditore casertano Michelangelo Madonna che, in previsione delle comunali di Casal di Principe, ha presentato il simbolo «Popolo della libertà». Quel giorno cede il diritto di utilizzo al Cavaliere che ne diventa il legittimo titolare. Qualche mese dopo, il 28 febbraio 2008, nasce ufficialmente «l'associazione denominata "Il Popolo della libertà"». Davanti al notaio si ritrovano in dieci. Oltre al Cavaliere e a Fini ci sono: Rocco Crimi (legale rappresentante pro tempore di Forza Italia), Denis Verdini, Sestino Giacomoni, Valentino Valentini, Sandro Bondi, Antonino Caruso, Marinella Brambilla (storica segretaria di Silvio) e Rita Marino (storica segretaria di Gianfranco). Due le cose importanti che vengono sancite in quell'occasione: la durata dell'associazione, salvo decisioni contrarie (da prendere all'unanimità ndr), è fissata al 31 luglio 2014; mentre il simbolo diventa «patrimonio comune dell'associazione» e, «in caso di scioglimento, non potrà essere oggetto di uso da parte degli odierni associati, o di alcuni di essi, se non con il comune espresso accordo scritto di tutti». Il nodo sta proprio qui. Anche se lo statuto del Pdl approvato nel marzo 2009, aggiunge un elemento ulteriore. All'articolo 17, infatti, si stabilisce che «è conferito al Comitato di coordinamento in via esclusiva il potere di utilizzare i contrassegni elettorali del Pdl e di presentare e depositare liste di candidature elettorali in sede nazionale e locale». Che tradotto significa: l'utilizzo spetta ai tre coordinatori nominati da Berlusconi. Ergo, il Cavaliere è l'unico legittimo proprietario del simbolo. Tutto chiaro? Neanche per sogno. Restano infatti alcune domande senza risposta: nello statuto si parla di «contrassegni elettorali». Coincidono con il simbolo? Secondo alcuni non necessariamente. Ma soprattutto l'associazione esiste ancora o è stata sciolta? In tal caso infatti Fini potrebbe, come previsto nell'atto fondativo, proibire l'uso del simbolo. Certo la discussione non è entusiasmante, ma in un momento in cui i finiani appaiono in grande difficoltà, rappresenta un'occasione per riaprire lo scontro. Insomma, Fli s'attacca anche al simbolo e dal Pdl la risposta è unanime. Maurizio Gasparri parla di «discussione assurda e puerile». Per Fabrizio Cicchitto «ciò che viene detto a proposito del simbolo del Pdl, o ha solo una implicazione mediatica per stare su piazza nella giornata di oggi (ieri ndr), oppure quella di far debordare il condizionamento, che è del tutto normale in politica, nel ricatto delle carte bollate». E se il sindaco Pdl di Terzigno Domenico Auricchio rivendica la primogenitura del simbolo, il responsabile elettorale nazionale del Pdl Ignazio Abrignani assicura: ciò che conta è lo statuto. Ma Bocchino non demorde: «Simbolo e nome sono patrimonio comune di Fini e Berlusconi. C'è un contratto notarile a certificarlo. Da qui al 2014 il premier non si può presentare con il simbolo del Pdl. Arriverà il giorno, in prossimità delle elezioni, in cui la magistratura sarà chiamata a decidere su questa materia. Se avremo torto ne prenderemo atto. È semplicemente come quando Berlusconi si separa da Veronica e un giudice viene chiamato a decidere sul loro patrimonio comune».

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