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Silvio: "Non tribolo" E blocca il nuovo Pdl

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Silvio Berlusconi

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Un po' non se l'aspettava. Un po' voleva parlare d'altro. Un po' voleva glissare, prendere tempo. Comunque sia nel bel mezzo della conferenza stampa conclusiva del vertice Nato di Lisbona, Silvio Berlusconi viene mitragliato di domande sul caso "Campania aMara". Cerca di non rispondere. Poi si lascia scappare: «La Carfagna? Non mi ha fatto tribolare. È una cosa a cui non annetto particolare difficoltà. Semmai mi ha fatto stropicciare gli occhi - aggiunge - il fatto che i principali giornali italiani nel giorno dell'approvazione della Finanziaria e di questo storico vertice della Nato abbiano titolato a piena pagina sulla signora Carfagna. E finiamola qui». Come dire: non è una questione di grande importanza. Tutto si risolverà. E voi giornalisti, di che vi state ad occupare? La linea che il Cav detta ai suoi fedelissimi è chiara: fino al voto del 14 dicembre fate i bravi, niente casini. Dopo vedremo. Tanto è vero che si è anche premurato di chiamare i coordinatori nazionali del partito per bloccare i congressi locali. È il grande piano che avrebbe dovuto portare al ricambio in molte zone e soprattutto alla risoluzione dei conflitti in diverse Regioni. Ma in Campania Nicola Cosentino, ormai in guerra aperta con la Carfagna, avrebbe la rielezione assicurata a leader regionale. Così Berlusconi voleva dare ancora un aiutino. Voleva mandare ancora un segnale di distensione a Mara. Non è bastato, la risposta del ministro («Mi dimetto dopo il 15») è piuttosto eloquente. Sta alzando la posta. E rischia di creare un problema serio al premier proprio nel momento in cui tutto sembra volgere al meglio. Fini batte in ritirata, i finiani sembrano ammutoliti, i falchi rintanati, l'opposizione non sa che dire. Una condizione di forza al punto che il Cav si lascia scappare: «Ho le idee chiarissime: avremo una buona fiducia che ci consentirà di governare e di fare le riforme». Dunque, è sicuro di ottenere la fiducia. Non solo. Si spinge oltre. Vuole la governabilità, condizione piena per andare avanti. Per questo il premier spiega che al voto fissato alla Camera e al Senato per metà dicembre non punta a «due o tre voti» ma a una maggioranza forte per fare le riforme. E se così non sarà? Silvio è altrettanto sicuro: si andrà al voto. «Con tutte le notizie e i sondaggi, se andassimo al voto avremmo un'ottima affermazione per quanto riguarda la Camera e il Senato. Lo dico a ragion veduta», dichiara senza esitazioni. Gli domandano: anche senza Fini? «Anche con un'alleanza che sia solo un'alleanza di centrodestra», ribatte lui. Guarda le dichiarazioni di Obama e di Medvedev che gli hanno espresso apprezzamenti e dichiara di non sentirsi affatto «incompreso» in Italia: «L'ultimo sondaggio mi dà al 56% del gradimento. Sono il primo in Europa per l'apprezzamento del suo popolo. Semmai sono incompreso da coloro che hanno capito che la mia presenza è un ostacolo insormontabile perché la sinistra riesca ad andare al governo», aggiunge il presidente del Consiglio. Conferma la sua infinita passione per la politica estera. E annuncia: sarò sei giorni «lontano dalla nostra amata Penisola». Un lungo tour che la prossima settimana lo porterà prima in Libia, per il vertice Ue-Africa in programma il 29-30 novembre; poi ad Astana, in Kazakistan, per il summit dell'Osce l'1 e 2 dicembre, e infine a Soci, in Russia, per la bilaterale Italia-Russia con il presidente Dmitri Medvedev e il premier Vladimir Putin. Non sembra uno che si sta preoccupando oltremodo per il voto in Parlamento previsto tra quasi un mese. Tantomeno appare come uno impegnato in una furibonda campagna acquisti di parlamentari. Altrimenti sarebbe rimasto inchiodato a Roma.

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