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Il Sud snobba i «buoni lavoro»

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Inotto regioni (Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna) se ne contano 685.000, l'8% del totale e molto meno della metà di quelli venduti nel solo Veneto. È quanto risulta dai dati resi noti in settimana dal sottosegretario ai Rapporti con il Parlamento, Laura Ravetto, nel corso di una risposta ad un'interrogazione parlamentare in Commissione Lavoro della Camera. I «buoni lavoro» che nella spesa di 10 euro includono la retribuzione di un'ora più i contributi all'Inps e all'Inail, erano nati per pagare in maniera regolare gli avventizi delle vendemmie; progressivamente sono stati estesi anche ad altri settori dove si fanno lavori occasionali. Ma la missione sembra essere fallita sia per il Mezzogiorno sia per alcuni settori. Per quanto concerne la distribuzione regionale, al primo posto figura il Veneto con oltre 1,5 milioni di buoni venduti. I voucher sono stati utilizzati massicciamente anche in Emilia Romagna e in Lombardia (rispettivamente 1,1 mln e poco più di un milione). Tra le Regioni del Sud se ne contano poco più di 100.000 in Campania, 140.530 in Sicilia e 124.000 in Puglia. I lavoretti occasionali dilagano in agricoltura, vanno bene nelle manifestazioni sportive e culturali. Sarebbero in pochissimi invece a fare lavori domestici saltuariamente; praticamente fantasmi invece tutti coloro che fanno lezioni private agli studenti. Quello che salta agli occhi sono infatti i 185 buoni da 10 euro venduti in tutta Italia (155 solo in Lombardia) per pagare l'ora a insegnanti di ripetizioni private.

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