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I finiani si dimettono e tentano la Sinistra

I ministri finiani sul palco di Bastia Umbra

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«Signor presidente del Consiglio, rimetto nelle sue mani le mie irrevocabili dimissioni da membro del governo, con immutata stima». Due righe e i finiani Andrea Ronchi, Adolfo Urso, Antonio Buonfiglio, Roberto Menia hanno detto addio al governo Berlusconi. Poco dopo si è dimesso anche l'unico esponente di governo targato Mpa, il sottosegretario alle Infrastrutture e ai Trasporti, Giuseppe Reina. Oggi pomeriggio i presidenti di Senato e Camera, Schifani e Fini, incontreranno il capo dello Stato, Napolitano, per fare il punto della situazione. I capigruppo di Fli, Viespoli e Bocchino, «nel prendere atto» delle dimissioni dei quattro finiani hanno ribadito «il venir meno del rapporto fiduciario nei confronti del governo» e confermato «con profondo senso di responsabilità il proprio impegno a sostenere nell'interesse del Paese la legge di stabilità e di bilancio». Inevitabile la polemica tra i partiti e le accuse di «tradimento» a Fini. Soprattutto per l'insostenibile doppio ruolo di presidente della Camera e leader di Futuro e Libertà. Un «conflitto d'interessi». Intanto ieri Fini ha avuto un breve colloquio alla Camera col presidente Napolitano e il sottosegretario Letta al termine della presentazione del rapporto dell'associazione «Italia decide». Prima non aveva lesinato critiche: «Tra le responsabilità della classe dirigente c'è anche quella di aver smarrito quel senso della dignità, della responsabilità e del dovere che dovrebbero essere proprie di chi è chiamato a ricoprire cariche pubbliche» ha detto aprendo a Montecitorio i lavori per la presentazione del rapporto «L'Italia che c'è». Poi ha aggiunto: «I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina e onore, come prevede l'articolo della Costituzione che è tra i meno citati e conosciuti. Solo riscoprendo il carattere vincolante di queste parole dal sapore antico, ma sempre straordinariamente attuale sarà possibile far riacquistare alla politica una piena credibilità, requisito imprescindibile per affrontare le complesse, e per molti aspetti del tutto nuove, domande di governo poste dalla collettività. Partendo da questo presupposto, etico prima ancora che politico, occorre dunque chiedersi come si possa ricostruire una strategia che ridia speranza e futuro all'Italia». In serata, invece, alla presentazione del libro di Ilaria Cucchi, Fini ha spiegato: «La forza della democrazia sta proprio nella capacità di riconoscere le proprie zone d'ombra e di illuminarle».   Il presidente della Camera ha sottolineato che «Cucchi non è morto perché era tossicodipendente» e poi ha detto: «Il processo in corso stabilirà come sono andati i fatti e accerterà le responsabilità e dobbiamo confidare nella magistratura, per ristabilire la giustizia, e per evitare che vi possano essere delle macchie che infanghino i leali servitori dello Stato, la stragrande maggioranza, ai quali deve andare tutta la nostra gratitudine per il quotidiano impegno nella lotta alla criminalità, nella tutela dell'ordine pubblico, e per la custodia, la cura e l'assistenza ai detenuti». Il futuro resta sospeso. Anche se sia Urso sia Bocchino tendono la mano alla Sinistra. Una «nuova maggioranza, non solo Fli e Udc», ma guardando «senza pregiudizi e con una mentalità aperta all'opposizione, che va coinvolta in un governo di responsabilità nazionale», spiega il capogruppo di Fli alla Camera, Bocchino. Insomma, lo scontro continua.  

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