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segue dalla prima di MARIO SECHI Ne è stato uno straordinario sismografo e di volta in volta ha adattato il suo messaggio e la sua politica ai movimenti della massa sottostante, il popolo.

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Eppurela sinistra prima e i finiani oggi pensano che levando di mezzo il Cavaliere poi si spiani la strada al loro felice regime oligarchico. Siamo di fronte a un errore storico e a un'assenza di autocritica davvero strabilianti. Quest'assenza di visione conferma che il Cavaliere ha ancora moltissime frecce nel suo arco. Saprà scoccarle? Berlusconi nell'immaginario del Paese è «umano», non sta sul piedistallo del potere e - a dispetto dei teorizzatori della metafora sovrana e ieratica del corpo del leader - è percepito come il prototipo dell'italiano. Cosa impossibile per gran parte della classe dirigente e dell'establishment. Quando Eugenio Scalfari scrive - con il sopracciglio rigorosamente alzato - che tra il Cavaliere e il popolo non c'è alcun corpo intermedio (il partito) ha ragione, ma proprio questo rende Berlusconi unico nella politica italiana. Il rapporto del Cav con il suo elettorato è ancora saldo. Chi sogna la caduta del presidente del Consiglio deve ascoltare bene che cosa dicono e pensano i cittadini, capire che battere Berlusconi non è un'operazione di Palazzo, ma un lungo lavoro nel cuore e nella mente della società italiana. Non è stato fatto ieri, non c'è tempo per farlo oggi. Il berlusconismo è più che mai vivo nel Paese e la vera domanda da porsi è un'altra: Silvio è ancora un prodotto vincente sul mercato elettorale? Vedremo. Caro Iannuzzi, dai un'occhiata allo scaffale della politica, sono certo che anche tu non vedi alcun «campione nazionale», nessun forte interprete del carattere degli italiani. Berlusconi ieri ha messo nero su bianco di volere il voto di fiducia prima al Senato e poi alla Camera. Di fronte all'apertura di una crisi extraparlamentare da parte del Presidente della Camera (fatto inaudito) Berlusconi risponde con una mossa istituzionale che non fa una piega. Chi è più rispettoso delle istituzioni agli occhi dei cittadini? Il manovriero Fini o il Cavaliere? La comunicazione, il messaggio che traspare da questa crisi di governo è fondamentale per il «dopo» al quale io guardo con più interesse «dell'adesso» in pieno svolgimento. Perché nel «dopo» c'è un fatto ineludibile: il voto. Quando gli italiani andranno alle urne, sarà difficile addomesticare il berlusconismo, la sua visione del mondo, la sua condivisione della «storia italiana» del Cavaliere. Le immagini e le parole di questi giorni sono un toccasana per il movimento d'opinione che da sedici anni vota Berlusconi. L'accerchiamento feroce, l'assalto alla diligenza, la foga ghigliottinatrice e la bava alla bocca degli avversari sono il gerovital per Silvio, stanno rinvigorendo la base e risvegliando lo spirito del 1994. Sbaglia chi pensa che quella narrazione sia finita. Se la crisi va verso il voto - e le premesse ci sono tutte - il Cavaliere ha una prateria nella quale galoppare. Certo, può perdere le elezioni e uscire di scena, oppure soccombere a una manovra di Palazzo che non prevede il voto ma un papocchio di governo, ma se guardo la situazione politica reale, al posto del Comitato di Liberazione Nazionale da Silvio non dormirei tranquillo. La decisione di Berlusconi di andare subito dopo l'approvazione della manovra a contarsi al Senato e alla Camera è la conferma del suo spirito combattente. La differenza tra lui e i suoi odiatori in servizio permanente effettivo è tutta qui: lui è pronto al voto, loro no. Lui non teme di chiedere agli italiani «decidete voi», gli avversari sono terrorizzati dalla scheda nella mano dell'elettore. Questo dovrebbe anche suggerirti, caro Iannuzzi, qual è il reale scenario in cui siamo immersi, qual è la vera posta in gioco e quali sono i caratteri e i personaggi di questa storia gattopardesca. Se fosse tra noi, Giuseppe Tommasi di Lampedusa avrebbe davvero materiale sublime per scrivere un altro capolavoro. In queste ore assistiamo al «riposizionamento» di quanti hanno mangiato nel piatto del Cavaliere e oggi sputano schifati dopo aver digerito tutto, vediamo i calcoli di chi pensa di costruirsi un avvenire all'ombra dei predestinati alla vittoria. È una cosa che personalmente non ci riguarda. Eravamo liberi ieri, lo siamo oggi e lo saremo anche domani. Ma non possiamo tacere il nostro divertimento nel vederli affannare, scodinzolare e ancora una volta sbagliare i conti per assenza completa di visione, sensibilità e capacità di lettura della società italiana. Stiamo per assistere al «the end» di questo colossal e dalla sceneggiatura emerge una lezione: Berlusconi in questa battaglia finale forse non vince, ma certamente non perde.

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