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Il ribaltone è già in tv

Gianfranco Fini e Pierluigi Bersani

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Chiamato ad illustrare un lungo elenco di sinonimi popolareschi relativi all'omosessualità (mi permetterei di suggerire anche la lettura del Belli, più colorito e letterariamente assai più interessante). E cosa credono che sia la trasmissione che finanziano? Se non si erano accorti che la politica è la sua reale ragione d'essere vuol dire che son troppo distratti e in altre cose affaccendati. Il problema è diverso, assai più grave. Augusto Minzolini è stato sbeffeggiato e offeso sol perché s'è permesso di fare degli editoriali, da direttore di una testata giornalistica. Su un fronte ben diverso Vittorio Feltri viene interdetto alla scrittura da un sinedrio che andrebbe cancellato (il primo albo da abolire è quello dei giornalisti). Posto che se capita, parlando o scrivendo, di violare la legge se ne risponde in tribunale, questi comitati politici hanno un unico indirizzo: la libertà d'opinione è difesa solo se prima rinunci alla libertà di averne una tua. Se ti allontani dal luogocomunismo disgustoso del sinistramente e antiberlusconianamente corretto sei prima un servo, poi un delinquente. Se, invece, cammini nei limiti del seminato, ripetendo quello che la minoranza degli italiani vuol sentirsi dire, allora puoi permetterti ogni porcata, compresa quella di utilizzare il nome di Giovanni Falcone per farti bello (e per dimostrare di non sapere di che stai discettando). Il problema, quindi, è che la libertà esiste solo a condizione che sia indirizzata contro il voto della maggioranza degli italiani. La Rai, pagata con soldi estorti a tutti gli italiani, è la teca da cui si diffonde tale vigliaccheria conformista. Poi c'è un problema politico. Pier Luigi Bersani non frequenta da tempo il popolo della sinistra, perché non esiste più un partito, una base, quindi un luogo ove egli possa recarsi. Davanti alle fabbriche resta da solo, assistito dai suoi accompagnatori. La piazza la riempie solo con la collaborazione della Cgil, che lo detesta. Se potesse parlare con gli italiani di sinistra, non precipitati del buco nero dell'antiberlusconismo che tutto giustifica e accetta, saprebbe che non hanno nessuna intenzione di finire fra le truppe di sostegno al camerata Gianfranco Fini. Gli si rivolta lo stomaco a vedere la propria parte politica andare a rimorchio di un giustizialista fascistoide e dell'ex capo del movimento sociale italiano. Un tempo il capo della sinistra sarebbe inorridito all'idea di comparire al fianco di fascisti. E se oggi Fini non è più considerato tale (è, infatti, un trasformista) lo si deve a Silvio Berlusconi, che lo ha utilizzato e promosso alla presentabilità. Lo capisce o no, il compagno Bersani, che si accinge a celebrare l'ennesima vittoria culturale (gramscianamente culturale) di Berlusconi? E quanto ancora impiegherà a capire che giustificare tutto con la volontà di abbattere il più votato dagli italiani equivale a consegnargli un ruolo superiore a quel che merita. Fini & Bersani sono la dimostrazione che Berlusconi è spesso infelice nella scelta di chi lo circonda, ma ha un tocco impareggiabile nel selezionare gli avversari. Noi cittadini, invece, ci siamo arcistufati di pagare la dorata pagnotta e il tributo all'ego di soggetti che vorrebbero far credere d'essere coraggiosi combattenti, laddove sono inutili replicanti dell'ovvio. Non vogliamo liberarci di loro, ma della Rai.

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