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"Un danno se la sfifucia arriva in pieno ddl stabilità"

Maurizio Gasparri

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«Bisognerà vedere se le mozioni di sfiducia arriveranno mentre è in corso il dibattito per l'aprovazione della legge di stabilità. Se così dovesse accadere chi vuole ribaltare la maggioranza dovrebbe assumersi la responsabilità non solo di andare contro la volontà di chi lo ha eletto ma anche di creare un grave danno all'economia del Paese». Maurizio Gasparri, capogruppo del Pdl al Senato, boccia senza esitazione qualsiasi ipotesi di governo tecnico o di transizione, come pure nega che sia mai stata presa in considerazione la possibilità di una maggioranza guidata da un altro leader che non sia Berlusconi. Il presidente della Repubblica Napolitano è stato chiaro: la priorità è l'approvazione della legge di stabilità. Ma l'evoluzione degli eventi indica che la crisi di governo potrebbe essere formalizzata prima che il ddl arrivi al traguardo. Che accadrebbe? «Chi fa parte della maggioranza dovrebbe porsi questo problema. Futuro e Libertà ha rivendicato il suo apporto al maxiemedamento. Allora mi chiedo: ma hanno intenzione di porre la sfiducia prima dell'approvazione della legge di stabilità che dicono di aver contribuito a definire? Sarebbe una contraddizione. Anticipando i tempi della sfiducia dovrebbero assumersi anche la responsabilità di interrompere l'iter di questa legge fondamentale per i conti pubblici e di ignorare le indicazioni del Quirinale». Aspettare l'approvazione del ddl stabilità significa rinviare l'eventuale apertura della crisi di quasi un mese. «Anche volendo accelerare la discussione non è una legge che si può approvare nel giro di un paio di giorni». Siete sicuri che la gente capirebbe come mai si torna a votare la fiducia dopo nemmeno due mesi? «Berlusconi alla Direzione del Pdl si è interrogato su cosa è cambiato in questi due mesi da indurre Fli a chiedere le dimissioni del premier. Il governo sta affrontando i cinque punti programmatici ma dall'incontro tra Fini e Bossi è emerso un cambiamento di opinione. Siamo di fronte a una vicenda politica paradossale e sconcertante». Lei quindi considera inevitabile il ritorno al voto, o no? «C'è una forte determinazione di alcuni settori della maggioranza a contraddire le proprie scelte. Chiamare in causa i 5 punti programmatici è un atto pretestuoso. Per la riforma del fisco i tavoli sono stati aperti, sulla giustizia si è preso atto della convergenza di Fini su alcune questioni e per il Sud il governo ha annunciato l'avvio di un piano di rilancio. Quindi non c'è immobilismo». Esclude l'ipotesi di un governo tecnico? «Quando c'è un ribaltone, un'alterazione delle regole della democrazia l'unica soluzione è tornare al voto». E la possibilità che Berlusconi faccia un passo indietro lasciando la guida del Pdl a un uomo di sua fiducia...magari a Tremonti? «È un'ipotesi che non è in agenda». Con l'Udc non c'è nessuno spiraglio? «Le dichiarazioni di Cesa sono molto dure. Se poi dietro le parole ci sono intenti diversi...Mi sembra che la situazione si stia cristallizzando».    

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