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L'uomo del Colle dice no

Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano

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Mentre Italo Bocchino affermava che «la crisi ci sarà», dal Quirinale giungevano parole che dovrebbero riportare i marziani di Futuro e Libertà sulla terra. Giorgio Napolitano chiede che la Finanziaria sia approvata senza incertezze, che il ciclo virtuoso che ha tenuto saldi i conti pubblici italiani prosegua e la stabilità di governo in un momento di grande fibrillazione dell'economia mondiale sia garantita. Napolitano frena Fini. Niente crisi, please. Proprio ieri su Il Tempo Francesco Damato e Marlowe hanno spiegato le ragioni per cui un intervento del capo dello Stato era auspicabile e la linea del controllo della spesa della finanza pubblica non è una variabile a disposizione dei finiani, ma un impegno continuo preso dall'Italia nei confronti delle istituzioni internazionali. Pochi giorni fa due agenzie di rating - Standard & Poors e Fitch - hanno confermato la loro valutazione positiva per i conti pubblici dell'Italia, ma entrambe hanno anche lanciato un avvertimento: serve stabilità e una crisi di governo può essere letale per il Paese. Sono certo che l'Ufficio per gli Affari Finanziari della Presidenza della Repubblica ha letto con molta attenzione i documenti delle agenzie di rating. E sono altrettanto certo che Napolitano ha tirato un sospiro di sollievo. L'Italia emette titoli di debito che servono a finanziare l'attività dello Stato, sono il nostro ossigeno quotidiano. E la credibilità delle istituzioni è fondamentale per il collocamento di questi titoli. Come abbiamo ampiamente documentato con i nostri articoli in tutti questi mesi, l'Italia non ha fatto la fine della Grecia e - per ora - non corre i rischi di altri Paesi del Club Med (Portogallo e Spagna in particolare) e in queste ore dell'Irlanda, grazie alla saggia gestione del debito e della spesa da parte del ministro dell'Economia Giulio Tremonti. Il nostro Paese è sottoposto a una vigilanza costante dei mercati e in ogni momento possiamo essere il bersaglio di un attacco speculativo. Basta mostrarsi deboli, far trasparire incertezza. Nelle operazioni finanziarie la dimensione psicologica è dominante e la paura un elemento decisivo per pigiare o no il pulsante della vendita o dell'acquisto. Qualche mese fa più di un tentativo è stato fatto per darci una spallata e farci cadere nel baratro del caos finanziario. Queste azioni sono andate a vuoto perché il governo ha risposto bene, il sistema bancario è ancora solido e il risparmio delle famiglie italiane una certezza che in molti ci invidiano. La manovra economica che in queste ore è in discussione alla Camera è un tassello fondamentale di questa politica di stabilità. Una crisi di governo oggi rischia di trasformarsi nel detonatore di una crisi finanziaria di cui non possiamo prevedere gli esiti. Ma per i falchi finiani tutto questo sembra essere un aspetto marginale del quadro politico, un particolare trascurabile e per niente decisivo. Si tratta di un atteggiamento irresponsabile e viene proprio da quella fazione che vuol presentarsi agli occhi degli italiani come forza di cambiamento. Basta rileggere l'intervento di Fini dell'altro ieri per rendersi conto che l'economia e le tasche degli italiani non sono il primo pensiero di Futuro e Libertà. La motivazione profonda dell'azione degli scissionisti del Pdl non è animata da nobili ideali politici. I finiani hanno in mente solo e soltanto il logoramento costante del governo e del presidente del Consiglio e la sua sostituzione previa lenta e inesorabile consunzione. Il regime change , il cambio di Cavaliere e cavallo sono l'unico vero obiettivo per cui Fini e i suoi alleati hanno aperto la ditta di demolizioni che ha come ragione sociale Futuro e Libertà.   Il Quirinale esprime una giusta preoccupazione e invita le forze politiche alla responsabilità, ma se il buongiorno si vede dal mattino - e dalle parole che i finiani pronunciano in queste ore - non c'è da avere molta fiducia. Sono quasi certo che l'appello di Napolitano cadrà nel vuoto, che le sue parole saranno poco più di una testimonianza. Non viviamo tempi in cui la correttezza istituzionale abita a Palazzo. Napolitano indica una priorità precisa, fissa il suo faro su un punto dell'agenda politica, ma il cono di luce di Fini illumina ben altri soggetti e rivela scenari inquietanti per chiunque abbia a cuore le sorti del Paese. Futuro e Libertà ha attaccato il cuore della politica tremontiana, cioè uno dei capisaldi del governo, e demolendo l'opera del ministro dell'Economia ha innalzato la bandiera della spesa facile e suonato la carica dell'assalto alla diligenza. Come ricordavamo ancora ieri con Marlowe, appena qualche settimana fa l'Italia ha collocato sul mercato 60 miliardi di titoli di Stato, mentre la Spagna era obbligata ad alzare i suoi rendimenti a causa degli scoperti creatisi nelle sue aste. A dicembre per l'Italia scadrà una tranche di titoli di Stato per altri 36,7 miliardi di euro. Tutto questo conta qualcosa per Fini? La sua voglia famelica di crisi, crisi strisciante, crisi latente, crisi mai conclamata, crisi letale come una inguaribile febbriciattola tropicale, crisi senza freni e paletti istituzionali, quella crisi la pagheranno gli italiani. Tutto questo sarebbe ampiamente sufficiente per dire che siamo di fronte a un'operazione che fa impallidire qualsiasi sfasciacarrozze, ma in realtà siamo di fronte a una situazione paradossale in cui l'interesse pubblico è dimenticato, allontanato come un fastidio in nome di un antiberlusconismo di regime che non ha alcuna remora a buttare tutto all'aria per un piccolo calcolo di potere. È un triste Paese il luogo dove pochi giornali hanno l'onestà di ricordare la vera posta in gioco, è un Paese irrimediabilmente malato quello che abbandona l'interesse nazionale e mette a repentaglio la sua stabilità economica. Mentre gli americani stampano moneta senza freni, l'Euro è sottoposto a tensioni fortissime, la Cina e le tigri asiatiche stanno organizzando la contromossa valutaria, il debito sovrano continua ad essere l'oggetto della speculazione degli gnomi finanziari, l'Italia si gratta la testa di fronte a una crisi di governo surreale. È una corsa folle verso il caos, Napolitano se ne è reso conto e prova a tirare il freno a mano, ma temo che la sua mossa non riuscirà a fermare un'auto impazzita che finirà per carambolare sulla testa dei cittadini ignari di tutto questo. Soprattutto per queste ragioni Berlusconi deve andare in Parlamento e chiedere subito il voto di fiducia. Chi grida alla tirannia del Cavaliere, abbia il coraggio di far cadere il governo e poi spiegare agli italiani che saranno loro a pagare la salatissima bolletta dello scontro finale. Il partito finiano ha addosso le ragnatele di una politica vecchia, sa di anni Ottanta, di spesa galoppante, regime partitocratico e irresponsabilità di fronte al popolo sovrano. Quando tutto questo pasticciaccio brutto sarà compiuto, qualcuno si incaricherà di tirare le somme. Se vince il partito della restaurazione, presto o tardi la storia dipingerà impietosamente il vero scenario e vedremo con orrore quale opera mostruosa sono riusciti a compiere gli sfascisti che guardano al futuro minando la nostra libertà.

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