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La pazienza è Finita

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Silvio Berlusconi

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Uno spettro s'aggira per i palazzi della politica: lo spettro del governo tecnico. Ormai non si parla d'altro. L'impressione è che Silvio Berlusconi sia arrivato ad uno snodo decisivo della sua vicenda politica. E la vicenda di Ruby potrebbe in qualche modo spalancare le porte a nuovi scenari. Lui smentisce qualsiasi ipotesi di un passo indietro («Una mia defezione procurerebbe danni seri al centrodestra e a tutto il Paese» dice intervistato da Bruno Vespa nel suo ultimo libro in uscita venerdì). E attorno al Cavaliere si raccolgono compatti i vertici del Pdl.  «Al punto in cui siamo arrivati - scrivono Fabrizio Cicchitto, Maurizio Gasparri e Gaetano Quagliariello in una nota congiunta - è indispensabile la più assoluta chiarezza da parte di tutti perché ognuno deve assumersi le sue responsabilità davanti alle istituzioni e al popolo italiano. Ci auguriamo che ciò che è stato attribuito all'onorevole Fini sull'eventualità che l'onorevole Berlusconi faccia un passo indietro e dunque si dimetta da premier e provochi una crisi di governo, si limiti ad essere una battuta polemica destinata ad esaurirsi nel circo mediatico». «Dal canto suo - assicurano - l'onorevole Berlusconi non intende compiere alcun passo indietro perché non esiste alcuna ragione per farlo. Si tratterebbe solo di una fuga dalle responsabilità. Di fronte a questa determinazione l'onorevole Fini dovrà fare la sue valutazioni: o confermare l'appoggio al governo o prendersi la responsabilità di una crisi. Ci auguriamo che la sua scelta vada nella prima direzione, di carattere positivo e costruttivo. Nel secondo caso, invece, non ci si potrebbe stupire che al crisi finisse per condurre dritto alle elezioni. Come è stato autorevolmente affermato, infatti, non esistono governi "tecnici" ma solo governi politici». E sulla stessa lunghezza d'onda si pone anche il «fedele» alleato leghista. «Macchè Governo tecnico, macchè Lega interessata ad un Governo tecnico! - assicura il ministro per la semplificazione Roberto Calderoli - Io sono preoccupato che qui, profittando delle vicende personali di Berlusconi, sia in atto un colpo di Stato, ma sarebbe il golpe dei fighetta, di quelli che frignano e che non hanno voce e voti. Ma se c'è colpo di Stato la rivolta del popolo è legittima». Parole che di certo non faranno piacere a tutti coloro che guardano con fiducia alla nascita di un esecutivo di transizione. Ad oggi, infatti, senza l'appoggio del Carroccio o di un gruppo consistente di delusi del Pdl, non esiste una maggioranza numerica alternativa a quella uscita dalle urne nel 2008. Sommando i parlamentari di Pd, Fli, Udc, Idv, Api e Mpa, si tocca quota 311 deputati e 151 senatori. E un governo tecnico, per poter ottenere la fiducia, necessita di almeno 316 deputati e 158 senatori. È vero, l'asticella non è così lontana, ma in ogni caso si tratterebbe di una maggioranza molto risicata. C'è poi un ulteriore problema. Su cosa si può reggere un'«accozzaglia» del genere? Basta la comune avversione per il «cattivo» Berlusconi? Non a caso Cicchitto, Gasparri e Quagliariello, nella loro nota, sottolineano che le uniche alternative al voto sono o «un governo sostenuto da una larghissima coalizione» (ma l'indisponibilità di Pdl e Lega lo rende impossibili) o «un governo eventualmente formato da tutti coloro che quelle elezioni le hanno perse, per il quale - sottolineano -, anche nella non scontata ipotesi che vi fosse una maggioranza in Parlamento, non esisterebbero comunque le condizioni in termini di legittimazione democratica». Ultima questione aperta sul tavolo che porta verso il governo tecnico è quello del presidente del Consiglio. Chi lo guiderebbe? Nessuno dei big dei partiti che lo sosterrebbe, infatti, potrebbe metterci la faccia. Equivarrebbe ad un suicidio. Serve una personalità terza. E il totonomine ruota sempre e comunque attorno agli stessi. Beppe Pisanu è in grande ascesa, anche se le parole pronunciate ieri da Walter Veltroni («Serve un governo modello Ciampi») sembrano tirare la volata a figure come il governatore di Bankitalia Mario Draghi o, in alternativa, a Mario Monti (che domenica ha affidato al Corriere della Sera una lunga riflessione sulla situazione del Paese). La necessità di rilanciare la crescita economica dell'Italia, infatti, ben si sposerebbe con il loro profilo. Sempre presente, poi, Luca Cordero di Montezemolo. Un uomo per tutte le stagioni. In ogni caso, prima di pensare alla loro guida, i «tecnicisti» devono capire chiaramente, proprio come il Pdl, la posizione di Gianfranco Fini. I capigruppo di Fli Italo Bocchino e Pasquale Viespoli ricordano che il loro partito «ha sempre detto con chiarezza che non intende staccare la spina al governo la cui azione, però, è da rilanciare fortemente essendo oggettivamente ferma al palo sulle grandi questioni che riguardano gli italiani». Il problema, semmai, «è la reale volontà altrui di dar vita a una nuova stagione di governo». E mentre il deputato finiano Antonio Buonfiglio non esclude «l'ipotesi di un appoggio esterno», Adolfo Urso ricorda alla Lega quando votò la fiducia all'esecutivo tecnico guidato da Lamberto Dini: «Non mi pare che allora alzò le barricate...» Un invito a ripetere l'esperienza?

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