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Se vince la paura delle urne

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Il conto alla rovescia per l'apertura della crisi di governo è cominciato. E il problema dunque non è più il «se» ma semplicemente il «quando». Il caso grottesco del «Bunga Bunga» sta sgretolando quel minimo di coesione che era rimasta nella maggioranza ed è chiaro che di questo passo non si va lontano, si arranca e a forza di zoppicare si cade rovinosamente. Sul tavolo ci sono due carte da giocare: un governo tecnico e le elezioni anticipate. Il primo scenario in teoria non esclude il voto nel giro di pochi mesi, ma la storia insegna che in Italia non c'è niente di più permanente del provvisorio.   Molte forze sono in movimento per arrivare alla soluzione del governo tecnico: Gianfranco Fini, Massimo D'Alema, Pier Luigi Bersani, Pier Ferdinando Casini, pezzi importanti dell'establishment burocratico-amministrativo dello Stato, la Confindustria più debole mai vista all'opera, la magistratura associata. Qualcun altro al mio posto avrebbe inserito anche il Quirinale. Io invece spero che il Presidente Giorgio Napolitano stia fuori da questa compagnia di giro e non partecipi a quello che appare come un vero e proprio piano di restaurazione e indietro tutta con la storia. La sua bussola è formata dalla Costituzione (quella formale e materiale) e dalla sovranità popolare. Il governo tecnico nascerebbe sulle ceneri di una serie di scandali a luci più o meno rosse che aggiungerebbero il danno alla beffa. L'Italia passerebbe dal tragicomico «Bunga Bunga» al «papocchio dei soliti noti» la cui legittimità e credibilità sarebbe minata in partenza. La storia si diverte a giocare a dadi e stavolta ci presenta il classico caso in cui la scelta migliore è anche quella che tutti temono: il voto anticipato. Visti i pezzi rimasti sulla scacchiera, la loro disposizione e le mosse che via via si compiono, è chiaro che la maggioranza dal punto di vista politico non esiste più. Stiamo vivendo un passaggio drammatico della nostra storia e temo che il Palazzo - chiuso in se stesso, lontano dalla vita reale - non abbia ancora compreso la gravità della situazione. Se il governo tecnico non è illegittimo, è altrettanto certo che il voto è la via migliore per restituire al popolo lo scettro e non concedere a nessuno - Berlusconi per primo - l'arma retorica del «golpe bianco» e della negazione della democrazia. Sarebbe un cocktail letale per quel che resta delle istituzioni e un'arma formidabile nelle mani della Lega e di quelle forze che nel Settentrione hanno maturato la «voglia di secessione» e non ne fanno mistero. È giunto il momento per tutti di gettare la maschera e assumersi la responsabilità di condurre il Paese fuori da questa fase tormentata e autolesionista. Se vince la paura, a perdere saranno gli italiani.  

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