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Il "teletribuno" Santoro lascia la scena a Saviano

Roberto Saviano

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Doveva essere la puntata dello scontro finale. Con Michele Santoro in onda nonostante la sospensione di 10 giorni voluta dal direttore generale Mauro Masi. Invece il conduttore di Annozero decide di giocare in difesa. Fugge la polemica e rinuncia addirittura al suo consueto «sermone» introduttivo. Al suo posto vengono mandate in onda le immagini di Raiperunanotte. Quelle in cui Loris Mazzetti, storico braccio destro di Enzo Biagi, parlava del rischio di una crisi economica per l'azienda televisiva pubblica. Poi, a mo' di sberleffo, compare in video Masi, ospite qualche giorno fa dell'Ultima parola di Gianluigi Paragone. Il direttore generale parla dell'intenzione della Rai di non accettare la scelta di Santoro di ricorrere all'arbitrato interno. E quando il conduttore gli chiede se Annozero andrà comunque in onda, risponde: «Questo lo vedremo». Eccolo qui lo stratagemma di Santoro. Lui tace, non lancia attacchi diretti, per una volta smette i panni del «teletribuno» e veste quelli del conduttore super partes. Al suo posto parlano le previsioni sbagliate di Masi, i video di Marco Travaglio e Daniele Luttazzi (anche questi tratti da Raiperunanotte) che attaccano il presidente del Consiglio senza esclusione di colpi, gli ospiti in studio che si scambiano accuse vicendevoli. E, soprattutto, Roberto Saviano. Lo scrittore, ormai entrato a tutti gli effetti nell'elenco delle «vittime» di Masi, è il vero «attaccante» della serata. Dopo l'intervista nel Tg di Mentana, dopo la telefonata in diretta a Ballarò, eccolo conquistare anche la platea di Annozero. «La censura oggi? - esordisce in collegamento da Berlino dove si trova in tour con il suo spettacolo La bellezza e l'inferno - L'Italia resta un paese democratico, non è la Cuba di Castro, il Venezuela di Chavez, non ci arrestano, abbassano i decibel del volume, non pagano gli ospiti, ci diffamano pensando che per il semplice fatto che facciamo il nostro lavoro non dobbiamo essere pagati». Quindi spiega che la questione del compenso degli ospiti del programma Vieni con me (quattro prime serate su Raitre assieme a Fabio Fazio) «è anche un favore alla concorrenza: la Rai è l'unica azienda che lavora contro se stessa. Mi dispiace essere così diretto ma sono fesserie, bugie, menzogne. Tutti questi ospiti personalmente mi hanno chiamato per dire: se ci sono problemi veniamo gratis, ma è ingiusto, perché già la prima volta hanno chiesto cachet sotto la media di mercato. E poi sono soldi che arrivano dalla pubblicità che il programma ha già generato».   Insomma in questa serata di silenzio santoriano, il vero «teletribuno» è lo scrittore anti-camorra. Che, già che c'è, si permette anche di raccontare un aneddoto: «La Rai doveva essere fiera di avere Claudio Abbado, invece Raitre è addirittura dovuta intervenire per rimediare ad una cosa terribile. Abbado non risiede a Milano e la Rai gli ha detto: vieni a Milano, ma non ti diamo l'albergo. Per fortuna Benigni mi ha chiamato e mi ha fatto ridere, dicendomi: "Non ci vogliono pagare aereo, albergo... vado a prendere io Abbado in bicicletta e lo porto a Milano"». La Direzione generale di Viale Mazzini replica con una nota: «Non esistono e non sono mai esistite difficoltà amministrative relative al programma "Vieni via con me", le affermazioni del signor Roberto Saviano sono completamente prive di ogni fondamento». Ma l'ultima parola spetta a Saviano che prima spiega che «sono stati cercati tutti i modi per rendere difficile l'organizzazione di Vieni via con me», poi si rivolge direttamente a Masi: «Si prenda le sue responsabilità e ci dica come stanno chiaramente le cose. La voglia di andare in trasmissione è tantissima. Se non mi si vuole vado via, non urlerò alla censura». E, comunque, se il dg vuole risparmiare Roberto ha la ricetta giusta: «La Rai non faccia più nulla, fa tutto Mediaset».

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