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Politica di carta

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Personaggi del presepe con giornali e bavaglio

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Ormai sono i protagonisti assoluti della vita politica italiana. Ne dettano l'agenda, ne hanno modificato i riti e le liturgie. I quotidiani, vista anche la crisi del centrodestra e del centrosinistra, sono diventati dei veri e propri punti di aggregazione del consenso. Quasi dei «partiti». Non è una novità. Ma se in passato l'attenzione dei più si concentrava su Repubblica, il giornale-partito per eccellenza, oggi la platea si è ampliata. E non è un caso che qualsiasi trasmissione di approfondimento, sempre più spesso, veda il politico di turno affiancato, se non circondato, da una platea di giornalisti. Così come non è un caso che alcune delle «battaglie politiche» più importanti degli ultimi anni siano nate sulle pagine dei quotidiani. Era già successo a Il Tempo quando, nel luglio del 2005, pubblicò la conversazione tra Ignazio La Russa, Altero Matteoli e Maurizio Gasparri alla Caffettiera di piazza di Pietra. Gianfranco Fini colse la palla al balzo per una profonda riorganizzazione interna di Alleanza Nazionale che oggi, con il senno di poi, appare come l'inizio di una separazione culminata nella recente nascita di Fli. Ma prima di allora come non ricordare l'avviso di garanzia che fece cadere il primo governo Berlusconi? Era il 1994 e quel documento arrivò prima sulle pagine del Corriere della Sera che nelle mani del premier. Insomma se c'è una cosa che caratterizza gli ultimi 16 anni della vita del Paese è sicuramente la deriva mediatica della politica. Come testimoniano anche i fatti più recenti. L'estate delle escort e le intercettazioni. Le escort sono state il vero tormentone del 2009. Patrizia D'Addario è quella che ha raggiunto la notorietà grazie alle registrazioni delle conversazioni telefoniche con il premier. Ma non è sola. Per mesi Repubblica ha riempito le sue pagine con nomi, interviste, indiscrezioni. La politica ha a lungo dibattuto della «moralità» di Silvio Berlusconi e qualcuno ha usato l'argomento per cercare di scalzarlo dalla poltrona di Palazzo Chigi. Di certo la vicenda ha accelerato la definizione di una norma in materia di intercettazioni che, a sua volta, ha visto i quotidiani (Repubblica in testa) protagonisti. Come dimenticare i post-it gialli, le manifestazioni di piazza, i bavagli? Il tema delle intercettazioni è stato uno di quelli su cui lo scontro tra Pdl e finiani è stato più duro. Due giorni fa, in un intervento telefonico, il premier è tornato ad assicurare che la legge si farà. I quotidiani dettano l'agenda, i politici si adeguano. Il Fatto quotidiano. È il caso-giornalistico dell'anno. Nato il 23 settembre 2009 ha conquistato consensi soprattutto nella fascia dei «non lettori». Ma soprattutto è un caso politico. Il «popolo viola» li idolatra, Antonio Di Pietro e i falchi finiani li corteggiano anche se sono costretti a guardarsi le spalle, il Pd li odia e il Pdl li considera i veri avversari da combattere. Anche perché il giornale diretto da Antonio Padellaro che ha in Marco Travaglio la sua punta di diamante, può contare sull'asse con Michele Santoro, altro esponenente di spicco del giornalismo che invade il campo della politica. Insomma Il Fatto rappresenta la vera opposizione a Berlusconi cui, ovviamente, non perdona nulla (lo scoop sulle intercettazioni sui tentativi di sanzionare Annozero è costato il posto al commissario dell'Agcom Giancarlo Innocenzi), ma anche Fini non può dormire sonni tranquilli. È stato il quotidiano, infatti, a dare per primo la notizia della veridicità della lettera con cui il governo di Santa Lucia comunicava che dietro le due società off-shore protagoniste della vendita della casa di Montecarlo, ci sarebbe Giancarlo Tulliani.   Montecarlo. È il caso del 2010. Il Giornale lo ha lanciato. Libero e Il Tempo lo hanno seguito costringendo il presidente della Camera ad una guerra di nervi che si è conclusa con una promessa che, probabilmente, dimostra la vera supremazia della carta stampata sul dibattito politico: lascerò la presidenza di Montecitorio se dovessi scoprire che Tulliani è il proprietario della casa di Montecarlo. Il caso di questi giorni che vede protagonista Emma Marcegaglia, ne è un ulteriore prova. Ormai, secondo la vulgata comune, gli avversari non si combattono con la politica, ma sulle pagine dei quotidiani. E Libero, ma soprattutto Il Giornale di proprietà di Paolo Berlusconi, sono considerati come il «braccio armato» del premier. Oltre ai giudici, purtroppo, lo pensano anche i protagonisti del mancato attentato al direttore di Libero Maurizio Belpietro. Colpire lui, per colpire il «partito» del Cavaliere. Nell'epoca della politica di carta succede anche questo.  

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