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«Gianfranco si ricordi delle toghe rosse»

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dall'inviato MILANO L'armistizio sembra essere già naufragato. Basta sentire i capigruppo del Pdl che salgono sul palco della festa del Pdl di Milano. Basta ascoltare i loro toni per comprendere che al di là dei contenuti la tregua con i finiani, se mai c'è realmente stata, è in pratica già finita. Dice per esempio Fabrizio Cicchitto, capogruppo alla Camera: «Stiamo vivendo dal '92 sotto l'insegna dell'uso politico della giustizia e questo anche Fini lo sa benissimo. L'uso politico della giustizia è il tipo più marcato di illegalità perché implica che una parte della magistratura interviene per ragioni politiche sulle vicende giudiziarie e questo è un vulnus nello stato di diritto». E se Fini dice che la magistratura non si tocca, Maurizio Gasparri, presidente dei senatori pidiellini, rilancia. Prima ricorda: «I magistrati non si toccano e certo anche noi del Pdl sappiamo ben distinguere tra l'importanza che ha la magistratura come potere e l'uso politico che certi magistrati fanno del loro ruolo». Quindi parte l'affondo: «I primi a conoscere l'uso politico da parte dei magistrati del loro ruolo fummo proprio noi della Destra, nel dopo '68, da parte di Magistratura Democratica. Abbiamo subito forti persecuzioni, esattamente come oggi le subisce il premier Berlusconi da una certa parte del potere politico-giudiziario». E Gaetano Quagliariello, suo vice, rimarca: «Quelli di Futuro e Libertà hanno dimenticato atti di certi magistrati». Quindi si spinge oltre: «Se si vuole cambiare la legge elettorale noi siamo pronti anche da domani. Ma non tocchiamo la scelta del governo da parte degli elettori e facciamo questa riforma in un contesto di più ampie riforme». Quagliariello fissa i paletti: «Prima parliamo di riforma del potere esecutivo - spiega - di bicameralismo, riduzione dei parlamentari e regolamenti parlamentari. Poi si può anche pensare a migliorare la rappresentanza. Ma se qualcuno pensa di tornare a prima del '94 sappia che noi non lo consentiremo». F. d. O.

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