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Montezemolo spalla di Fini

Luca di Montezemolo

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Dell'ennesimo moralizzatore proprio non se ne sentiva la mancanza. Niente paura, di gente che punta il dito contro il governo solo per sparare contro Silvio Berlusconi se ne trova sempre. E ieri con singolare tempismo dopo la débacle mediatica di Gianfranco Fini, che sabato sul web non ha chiarito la vicenda dell'affaire Montecarlo, è arrivato Luca Cordero di Montezemolo a offrire la spalla al presidente della Camera ormai alle corde e a ricordare agli italiani, come ormai da 16 anni senza successo, che la causa di tutti i mali del mondo è solo una: chi ancora dà sostegno a Silvio Berlusconi. L'affondo non è stato sferrato direttamente ma per il tramite della fondazione vicina all'ex presidente: Italiafutura. Che con un articolo firmato da Carlo Calenda e Andrea Romano, pubblicato sul sito dell'associazione, si è scagliata contro il leader della Lega Nord reo di limitarsi a lanciare «proclami» e «provocazioni» ma di non aver fatto niente di concreto per il Paese. Ma, allargando il discorso, ha attaccato «la classe politica screditata» della quale «gli italiani hanno piene le tasche». Di quali italiani gli articolisti e di rimando il presidente della Ferrari non spiegano di più. Forse della minoranza che ha espresso il suo no al Cavaliere nelle precedenti elezioni. Oppure di quelli della sinistra al caviale con i quali il manager è sempre più a suo agio. Ma tant'è, in fondo cosa c'è di più semplice che criticare dall'esterno avendo sempre negato una discesa in campo. Il bersaglio della fondazione montezemioliana è però Bossi. Un modo per evitare scontri frontali utilizzando l'adagio popolare secondo il quale si parla alla nuora perché la suocera intenda. «Ha ragione Bossi. È facile parlare e più difficile agire. Bisogna ascoltarlo quando discetta sul valore dei proclami perché si tratta di un vero esperto in materia» è stata questa la prima stoccata di Italiafutura. «Negli ultimi sedici anni - ha proseguito l'articolo - Bossi ha costruito il successo della Lega sul lavoro di organizzazione del partito ma anche sulle provocazioni (e ultimamente anche su qualche gesto). Di fatti invece se ne sono visti ben pochi. Se non la corresponsabilità della Lega in questi sedici anni di non scelte che hanno portato il paese ad impoverirsi materialmente e civilmente. Anche sul fronte delle rivendicazioni specifiche del suo elettorato Bossi ha combinato ben poco (guardare alle promesse sul federalismo per credere). Dubitiamo infatti che i suoi elettori l'abbiano mandato in Parlamento per difendere Cosentino o Brancher. Ha ragione Bossi: in Italia (e in particolare nella sua Padania immaginaria) la chiacchiera va per la maggiore e delle parole a vanvera di una classe politica screditata gli italiani ne hanno piene le tasche. In particolare quelli che lavorano e producono (e al convegno di Genova della Confindustria ce n'erano tanti). Quegli italiani che, a differenza di Bossi, tengono in piedi il paese con i fatti e non con le parole». L'affondo di Montezemolo ha scatenato la reazione compatta della Lega e della maggioranza: segno evidente che le critiche colgono nel segno. Caustico il leghista Roberto Castelli, secondo cui l'ex presidente di Confindustria «fa parte di quella categoria di imprenditori che hanno fatto ottimi affari con i governi di centrosinistra. Evidentemente con noi non riesce a rifarli».

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