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Ora i finiani restano senza parole

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I finiani Fabio Granata, Italo Bocchino e Giorgio Conte

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Nessun commento. Nessuna dichiarazione. Gli uomini di Giancarlo Fini ieri sono rimasti in silenzio dopo il discorso del «capo». Anche Fabio Granata, uno che dichiara su qualsiasi cosa, ieri ha scelto la strada del silenzio. Inutile provare a chiamare Italo Bocchino, Silvano Moffa, Menia, Briguglio. Chi ha il cellulare acceso non risponde neppure agli sms. In questo momento, è la linea dei finiani, meglio non commentare. Per nascondere anche un po' di imbarazzo. E per lasciare la palla all'avversario, nel campo di Berlusconi e dei berlusconiani. Per vedere cosa succede. E per non creare l'occasione per ulteriori attacchi. Gli uomini di Futuro e Libertà hanno comunque parlato con Fini dopo l'intervento trasmesso sui siti internet. E sotto garanzia di anonimato raccontano che a loro il presidente della Camera ha detto semplicemente che quel dicorso doveva farlo, «lo dovevo – è l'ammissione – soprattutto agli italiani». Però nella parte più moderata c'è il rammarico che il discorso sia arrivato solo ieri, dopo tre mesi di attacchi. «Sarebbe stato meglio farlo subito – spiegano ancora – ed evitare di essere sottoposto a questo massacro». Ma c'è anche il disappunto per non essere riusciti ad arginare le dichiarazioni più polemiche e dure dei finiani. Quelle continue «sparate» dei falchi che hanno compromesso una tregua che le colombe erano riuscite a raggiungere già più di un mese fa. Fini non ha zittito i «duri» – è il ragionamento – e alla fine siamo arrivati a un punto difficilissimo. Cosa farà adesso Futuro e Libertà? La fiducia in aula al governo mercoledì non è in discussione ma da quel punto in poi si navigherà a vista. Perché Gianfranco Fini da oggi è ancora più vulnerabile. E lo dimostrano i commenti che invece non hanno lesinato gli esponenti del Pdl e della Lega. Umberto Bossi è lapidario: «Cosa ne penso del video di Fini? Niente. Però se Fini chiede che si smetta il gioco al massacro vuol dire che si dimette». Ma gli uomini del Carroccio sono anche durissimi con l'avvocato Renato Ellero, ex leghista. «Persone in cerca di pubblicità ce ne sono tante in giro», è stato il commento del Senatùr, mentre per Francesco Speroni, capodelegazione della Lega Nord all'Europarlamento è semplicemente un traditore. «Renato Ellero? – commenta – Sì me lo ricordo, fu eletto nel 1994 con Lega: è uno che tradì il partito e non ci si può fidare di un traditore, come Fini». Non sono teneri con il loro ex leader gli uomini che gli sono stati vicini per decine di anni, Maurizio Gasparri e Ignazio La Russa. «Fini ha praticamente ammesso tutto sulla casa – è il commento del primo – E tra rituali pillole di sgradevole astio verso Berlusconi, logoro e triste copione ad uso di qualche tifoso, ha aperto al sostegno al governo. Vero tema che sta a cuore al Pdl e agli italiani. Su questo sono doverosi il confronto e la convergenza. Sul resto tante ammissioni, ancora non esaustive, potevano essere fatte prima».   Laconico il ministro della Difesa: «Ho sperato molto che questa fosse la giornata decisiva per chiarire la vicenda, ma la montagna ha partorito un topolino. Certo se non avesse condito il suo intervento con attacchi duri e non velati al presidente del Consiglio questo appello avrebbe avuto forse più significato. Così è difficile che un appello a fermarsi possa avere un seguito». Anche il ministro per i Beni culturali Sandro Bondi sottolinea luci e ombre del discorso di Fini. «Sebbene le dichiarazioni facciano intravedere la possibilità di aprire una stagione politica nuova, sarebbero più persuasive se fossero accompagnate dall'ammissione che nei confronti del capo del governo è ancora in atto una violenta aggressione di una parte della magistratura».  

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