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Panico tra i fedelissimi Se cade Fini tutti a casa

Gianfranco Fini

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E adesso? La conferma da Santa Lucia è stata una frustata. I sodali di Fini hanno paura. Il coraggio lo hanno esaurito tutto nello scontro con Berlusconi. Ma sempre al seguito di un capo carismatico, del presidente della Camera.   Di un leader che qualche sfida nella sua vita politica l'aveva pur vinta. Ma ora il re è all'angolo. Oggi si difenderà, parlerà. Potrà pur attaccare giornali, giornalisti o ipotetici servizi segreti, ma come farà a smentire il ministro del Paese dei paradisi fiscali? Potrà pur farlo, ma con quale credibilità? Non solo, ma non potrà nemmeno ricorrere a quella melina, già sperimentata da altri in tempi diversi: un passo indietro in attesa che tutto sia chiarito, oppure dimenticato. Questo non può farlo. Colpa di quel virus della politica moderna dove leader veri o presunti sono unici con una squadra di fedelissimi. Se si allontana il capo cosa resta? Nulla, si sfalda tutto. Fini ha raccolto una pattuglia di fedelissimi che non hanno bagagli personali di voti. Non hanno organizzazioni territoriali. Sono a Montecitorio o al Senato perché altri li hanno premiati. Nessuno ha nemmeno la presunzione di sostituirsi al presidente della Camera. E se cade lui crolla tutto il castello di carta. Ma lo immaginate un partito in cui la guida è contesa tra Granata, Briguglio o Bocchino? Senza nulla togliere a queste persone. Soltanto che nessuno ha avuto modo di partecipare a quella selezione politica che fa emergere il capo. Il personaggio capace di guidare un'organizzazione che segue il nuovo segretario senza perdersi per strada. Se Fini dovesse fare quel passo indietro che ora appare inevitabile, chi può prendere il suo posto? E qualora emergesse c'è da giurare che altri non accetterebbero e magari sceglierebbero una strada diversa, qualcuno, meno esposto, proverà a vestirsi da figliol prodigo e proverà a bussare alla porta di Berlusconi. Anche per questo, anche perché su quel gruppo piomberebbe una vera tempesta, Fini proverà a resistere. Altrimenti nel naufragio trascinerebbe quelli che lo hanno seguito. Che hanno creduto in lui. Così oggi saranno tutti davanti ai siti che pubblicheranno il videomessaggio del presidente della Camera. In fideistica attesa di una spiegazione rassicurante. Pronti a credere se dirà che quel documento è una patacca nonostante le conferme che arrivano da Santa Lucia. In gioco c'è una carriera politica. Il problema sono gli elettori. E quella è la partita più difficile. Fini li convincerà, potrà cancellare ogni dubbio? Perché se così non sarà quel partito potrà pure attestarsi in questo Parlamento, ma nel prossimo non ci sarebbe più traccia. E i parlamentari di oggi che non riusciranno a riciclarsi, dovranno pensare fin da ora a trovarsi un nuovo lavoro.   Strano destino di chi pensava di mandare a casa Berlusconi e che rischia di essere spazzato via da una vicenda che vede il leader accusato di aver gestito un appartamento ricevuto in eredità dal partito e che è finito al cognato, venduto a un prezzo inferiore a quello di mercato e per giunta comprato attraverso società costituite in uno dei paradisi fiscali. Accuse che vengono naturalmente respinte per ora dai finiani. Cosa che potrebbe fare anche oggi Fini. Ma basterà? Potrà servire forse per mantenere in trincea ancora per un po' un gruppo che ormai si sente accerchiato. Potrà continuare a difendersi, ma non attaccare. E sicuramente non a conquistare altre simpatie. Il nuovo partito dei finiani sembra già arrivato al punto cruciale. Rischia di non avere più un capo credibile, e senza di lui questo giovane e piccolo esercito rischia una dolorosa ritirata. Ora quei «coraggiosi» hanno paura, se perdono il loro condottiero, se questi perde prestigio, se non è più l'eroe senza macchia e senza paura per loro non c'è futuro. Vatti a fidare dei condottieri.  

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