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Una sinistra di scoppiati

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Walter Veltroni (S) e Dario Franceschini

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Si erano tanto amati. Ma la politica spesso prende inclinazioni pericolose e accelerazioni impreviste. Così le coppie storiche del centrosinistra si sono divise, trascinate via dal primo vento maligno delle possibili elezioni. Sono «scoppiati» Veltroni e Franceschini, Antonio Di Pietro e Beppe Grillo, Beppe Fioroni e Franco Marini. Tra il primo segretario del Pd e il suo vice – dopo l'annuncio di Walter di costruire una nuova area all'interno del Pd se non proprio contro almeno ostile a Bersani – è scesa una cortina di gelo. Eppure Dario Franceschini era stato il più fedele sostenitore di Veltroni. Quasi un'ombra quando l'ex sindaco di Roma aveva preso la guida del Partito Democratico. Veltroni aveva speso parole di elogio per lui ed era stato ricambiato. E quando Walter si dimise da segretario, nel 2008, l'erede designato fu proprio il suo numero due. Quando però giovedì Veltroni ha annunciato la nascita della sua nuova corrente Franceschini – come molti altri ex veltroniani – ha preferito non seguirlo. E anzi ha avuto parole durissime nei confronti della sua «metà»: «Penso che sia irresponsabile – ha tuonato – di fronte alle divisioni e alle spaccature che ci sono nel crollo del berlusconismo e della destra italiana, offrire a loro le nostre divisioni. Questo è avvenuto troppe volte in passato, da Prodi in poi. È ora di finirla». Poi ha provato ad addolcire la sua posizione, spiegando che «stima e amicizia» verso l'ex segretario «sono intatte». Però, ha aggiunto «va debellato quel virus che ha fatto tanto male prima all'Ulivo, poi all'Unione quindi al Pd, cioè di scegliere un leader e, dal giorno dopo, iniziare il lavoro di indebolimento». Separati dal giorno dello strappo di Veltroni anche un'altra coppia storica, Franco Marini e Beppe Fioroni. Insieme sono stati nei Popolari, insieme nella Margherita e sempre insieme sono approdati al Partito Democratico. Erano loro a tenere unita l'area dei centristi del Pd, a portare avanti tutte le richieste contro lo strapotere dei vecchi Ds nel partito. Poi, improvvisamente, con la scelta dell'ex ministro dell'istruzione di «fuggire» con Veltroni, il divorzio. E i due non si sono certo lasciati da vecchi amici, con una pacca sulle spalle. Anzi, Marini ha raccontato di aver mandato a quel paese quelli che gli chiedevano di firmare il documento di Veltroni. «Voglio dire a Fioroni che ha sbagliato – ha detto – La minoranza del Pd ne esce davvero ammaccata. Ora serve chiarezza o siamo fritti». Poi ha rincarato: «Chi ci ha votato alle primarie si aspettava un partito unito, con capacità di iniziativa, non questo cannibalismo tra gruppi dirigenti. Ci prendono tutti per pazzi. Chi sta provocando tutto questo spero si senta sulle spalle un macigno. Il Pd è un patrimonio affidatoci da un milione di elettori». Dopo tanto amore e dichiarazioni di stima reciproca si sono separati anche i due «sinistri» della politica italiana, Beppe Grillo e Antonio Di Pietro. Il leader dell'Italia dei Valori ha capito che il movimento dei «grillini», insieme al Popolo Viola, gli stava rosicchiando pericolosamente spazi a sinistra. E visibilità, specialmente dopo l'ultima contestazione violenta alla festa del Pd nei confronti del presidente del Senato Renato Schifani. Così Di Pietro ha preso le distanze dal comico genovese, rivendicando il suo ruolo di unico punto di riferimento politico per chi protesta a sinistra. «Quando i movimenti diventano solo protesta e non alternativa – ha detto venerdì chiudendo la festa dell'Italia dei Valori a Vasto – aderirvi non aiuta a risolvere il problema. Allora siamo a punto e a capo». Poi ha aggiunto: «Vanno ringraziati per la loro protesta civile che ha informato tante persone; ma ora che queste sono state informate che cosa facciamo? Ecco ora è l'ora di costruire l'alternativa». Ovviamente da solo.

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