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"Portiamo a Milano il ministero di Tremonti"

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Il senatore della Lega Massimo Garavaglia

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Quando Umberto Bossi risponde d'istinto ai giornalisti, quando «esagera» e tutti sono pronti a dire che «no, non bisogna dare peso alle esternazioni del Senatùr», che «il leader del Carroccio lo fa solo per entusiasmare il popolo padano», beh - proprio allora - è il caso di dargli retta. Dopo l'approvazione del decreto che sancisce la nascita di Roma Capitale, l'Umberto aveva sentenziato a modo suo: «Ora quella del Nord». In molti l'avevano liquidata come «una battutaccia». Poi, ieri, ascoltando il ministro per la Semplificazione normativa, Roberto Calderoli, che si diceva «convintissimo della necessità di una Capitale reticolare», qualcuno ha cominciato a pensare che non si tratti di uno scherzo. Massimo Garavaglia, il senatore più giovane della storia della Repubblica, eletto nelle fila della Lega non ha dubbi. Senatore, cosa pensa delle dichiarazioni di Bossi e Calderoli? «Io sono assolutamente d'accordo con loro. Trovo il ragionamento di Bossi e Calderoli decisamente sensato: nel momento in cui abbiamo dato vita a un riconoscimento forte di Roma Capitale, e questo ormai c'è ed ha ricevuto anche la consacrazione della Lega, dobbiamo andare avanti nell'attuazione del dettame costituzionale».  In che modo? «Dobbiamo attuare definitivamente la riforma del Titolo V della Costituzione e portare a compimento quella rivoluzione federalista iniziata nel 2001. Così la distribuzione dei ministeri sul territorio in un'ottica reticolare sancisce definitivamente l'assetto unitario del Paese e parallelamente la valorizzazione delle peculiarità del territorio». Come potrebbero essere ridistribuiti i ministeri? «È semplice: Milano è la capitale economico-finanziarie del Paese. È logico che si spostino lì la Consob, l'Antitrust e il ministero dell'Economia. Così come sarebbe opportuno trasferire a Palermo il ministero dell'Interno o a Torino quello del Lavoro». Roma però verrebbe indebolita. A maggior ragione che il decreto approvato non ne definisce i poteri e le funzioni. L'approvazione del secondo decreto si annuncia complicata...  «Sì, è vero. È necessaria una fase di approfondimento. La legge numero 42 sul federalismo fiscale fornisce alcune indicazioni sui principi di massima per attuare la distribuzione e il trasferimento delle competenze. Dal momento che si è deciso di potenziare il ruolo della Capitale, di fatto si rischia di svuotare altre istituzioni, come la Provincia di Roma o la Regione Lazio. È importante definire chi fa cosa, se pensare alla soppressione o a una ridefinizione dei territori e delle competenze degli enti locali. Ma sono loro a doverne discutere». Lei cosa farebbe? «Da milanese, in un'ottica neutrale e seguendo un aspetto puramente economico e razionale, io sarei per l'abolizione della Provincia. L'articolo 114 della Costituzione prevede la creazione delle cosiddette aree metropolitane. Roma ha deciso di potenziare il nucleo centrale, in altre aree ci potrebbero essere soluzioni differenti». A Milano cosa succederebbe? «A Milano è più semplice: è organizzata diversamente. Milano città ha solo un milione e mezzo di abitanti. La provincia ne ha quattro milioni. Basterebbe cambiare il cartello "Provincia" con quello "area metropolitana"». Crede che ci si riuscirà a mettere d'accordo sui succesivi decreti?  «Io me lo auguro. Per legge, come tutti i decreti che riguardano il federalismo, dovranno essere completati entro maggio. Io spero si arrivi a un accordo, altrimenti si rischia di ridefinire il territorio in modo non ottimale».

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