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Il Cavaliere con la pistola

La foto di Alberto Roveri  pubblicata da L'Espresso che ritrae Silvio Berlusconi nel 1977 nel suo studio con una pistola

FOTO - Immagine e potere

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Una dinastia. Con il capo carismatico e i rampolli pronti a prendere la loro parte nel regno. Uno seduto sul trono, gli altri addestrati a reggere baronie e contee. La dinastia è quella di Silvio Berlusconi, l'agone politico diventa patinato e sontuoso, come una reggia. Foto ufficiali in posa, sfondi dorati. Poi c'è l'incipit dell'irresistibile ascesa di Silvio. Lui è uno yankee, sulla poltrona da manager, gambe accavallate e sguardo inchiodato nell'obiettivo. Sulla scrivania ha poggiato una pistola. In un'altra foto la punta verso un inesistente nemico. Attore, protagonista comunque. Il Silvio rampante e inedito lo troviamo sull'ultimo numero dell'Espresso. Il settimanale ha scovato le immagini che Alberto Roveri, il fotografo, aveva, chissà come, dimenticate. Le ha ritrovate trasferendo in digitale il proprio archivio. Sono del 1977. Berlusconi è nel suo studio di Foro Bonaparte. Gioca a fare il duro, si vede che gli piace il ruolo. Ma non è arroganza. Sono gli anni di piombo, lui è il costruttore di Milano Due, essere pronto a difendersi da possibili rapimenti è d'obbligo. Il settimanale diretto da Manfellotto completa il puzzle del Cavaliere. Testimonia delle origini dell'impero. Conferma la funzionalità dell'immagine per chi detiene il potere. E infatti, dopo il bianconero di Berlusconi anni Settanta (eccolo con Mike Bongiorno a battesimo di Telemilano, eccolo col direttore del Corriere della Sera), c'è la fotogallery di Silvio in tutte le salse. Dal doppiopetto con cravatta di Marinella alla bandana. Dall'improvvisata «araba» per il compleanno di Veronica alle vacanze con i nipotini. A fare politica, e consenso, servono più queste immagini che i consigli dei think tank. È un po' la scoperta dell'acqua calda, ma funziona da secoli. L'allure del potere aleggia sul corteo di Augusto che nobilita l'Ara Pacis. Giustiniano è un Re Sole medievale nei mosaici di Ravenna. Tutti i reali hanno messo in croce i fotografi di corte per gli scatti di famiglia. E vanno in brodo di giuggiole quando rubano foto extra protocollo. Perfino lo schivo segretario del Pci Achille Occhetto decise un bel giorno di appalesarsi meno ingessato. Accettò il flash mentre baciava la moglie, in quel di Capalbio. Tuoni e fulmini dai duri e puri della sinistra. Che non avevano capito niente in fatto di comunicazione. E infatti il privato del potente paga. Le belle mogli, le altrettanto belle collaboratrici logorano chi non ce le ha. Sarkozy non ha scelto Carlà pensando di crescere in popolarità? Il premier inglese Cameron non è più simpatico quando s'affaccia sulla soglia di Downing Street con la sua dolce signora? Barack Obama non ci ha guadagnato quando Michelle ha posato per la foto ufficiale di first lady con le belle braccia nude? E adesso, i discendenti del Cavaliere. Con certi clic che parlano della conquista del potere. Guardate qui accanto Barbara. È al Meazza di Milano, segue da tifosa sfegatata la squadra di famiglia nella prima sortita di Champion League. Si mostra perfettamente speculare a ciò che dice. «Un ruolo in società? Non mi tiro indietro davanti alle cose più difficili. Se dovessero chiamarmi, potrei dire sì». E una rampolla è sistemata. Quanto all'altra, la «principessa» Marina, presidente di Mondadori, le pose da dominatrice sono un'abitudine. La zarina di Segrate ha appena risposto per le rime a scrittori, politici, giornalisti sinistri in un'intervista al vetriolo sul Corrierone. Se si butta in politica nessuno ha il diritto di meravigliarsi.

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