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Silvio e Sarkò contro l'Ue

Berlusconi e Sarkozy

Alemanno il sindaco apripista

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Lo scontro esplode a Bruxelles. Silvio Berlusconi e Nicolas Sarkozy danno battaglia al Consiglio d'Europa e l'asse Roma-Parigi terremota il vertice europeo di ieri pomeriggio. Al punto da far scattare un violento scontro tra il presidente della commissione Ue, Josè Manuel Barroso, e il presidente francese. Scontro verbale, s'intende. La questione è quella dei Rom e delle relative espulsioni che aveva già provocato il giorno prima un duro scontro tra il commissario Ue Reding e Sarkò che non gliele aveva mandate a dire: «Prenditeli tu i rom», aveva risposto. E il Cavaliere era giunto in soccorso spiegando di condivere le posizioni di Parigi. Ieri la svolta. Sarkozy arriva a Bruxelles al vertice dei 27 e lancia un messaggio preciso: la Francia non è razzista, ma continuerà a smantellare i campi illegali. Se ne frega dell'argomento all'ordine del giorno, il patto di stabilità, e tira dritto. Deve ammettere che Bruxelles ha il diritto-dovere di indagare sulle sue politiche di smantellamento dei campi Rom, ma ottiene il placet di tutti nel criticare Viviane Reding. La quale, nell'annunciare la procedura d'infrazione contro la Francia, aveva paragonato la sua politica alle deportazioni della seconda guerra mondiale. Sarkozy lamenta «l'oltraggio che ha ferito tutti i francesi».   E Berlusconi? Il premier italiano conferma la linea francese (ok al rigore sulle situazioni illegali, senza generalizzazioni e senza assumere posizioni estreme) e si spinge a porre paletti all'azione dell'Ue. Silvio non parla, all'uscita dal Consiglio europeo, lascia che la posizione sia spiegata da una dettagliata nota del ministero degli Esteri: «Il presidente Berlusconi ha auspicato fortemente l'opportunità che nelle politiche che richiedono azioni comuni europee gli organismi comunitari esercitino una paziente e dettagliata consultazione con i Paesi interessati, prima di adottare iniziative che possano sembrare improntate a critica o contestazione di comportamenti adottati dagli Stati membri nel rispetto delle leggi e dei regolamenti comunitari».   A suo sostegno si schiera subito Umberto Bossi che non va troppo per il sottile: «Sì, Sarkozy sta facendo bene sulle espulsioni. La maggior parte dei furti li fanno i Rom. Certo non sono il demonio, però per la gente che lavora, torna a casa e la trova buttata per aria, non è molto allegro», dice il leader leghista. Parole che scatenano il centrosinistra. Restano in silenzio i finiani ad eccezione per Andrea Ronchi, che sostiene come l'Europa debba «uscire dal torpore», e se la prende con i sindaci di sinistra: «Sono quelli che con maggior forza chiedono gli sgombri dei campi rom». Per lui si pone la prima questione seria. Berlusconi parte all'assalto dell'Europa sostenendo la legittimità delle espulsioni dei Rom mentre Fini non sembra d'accordo. Ronchi, finiano doc, deve scegliere se seguire la linea del premier, visto che la sua è una delega diretta del presidenza del Consiglio, oppure quella del suo gruppo, Futuro e Libertà, che finora s'è distinto per il pressocché totale silenzio.

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