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Cara Gelmini vai avanti rivoluziona tutto

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Risultato:il primo squadrone distrugge sul nascere i vagiti di integrazione del bimbo straniero; il secondo squadrone crea una generazione di bimbi italiani che abitano in un mondo chiuso. Entrambi gli squadroni lavorano inconsapevolmente per il razzismo. Ora sediamoci in cattedra. Di fronte ai banchi dove i piccoli attendono una cosa preziosissima, l'istruzione. Cosa fa una maestra in una situazione del genere? Lavora in classe con i bambini che ha, non ci sono dubbi. E cerca di fare il proprio mestiere nel migliore dei modi. Mese dopo mese dunque segue le tappe del programma e sviluppa le competenze stabilite dal ministero. Quei bimbi in classe però non riescono a conoscere l'esperienza di un bimbo italiano. Così abbiamo il fantastico risultato per cui l'ambiente è certamente multiculturale, per la gioia della sinistra chic, ma senza la realtà familiare del Paese in cui vivono. Ogni bambino porta in classe la sua storia, il suo modo di essere, le tradizioni della famiglia, la religione, la lingua, le usanze. Tutto quel che si chiama vissuto. Bisogna amalgamare la babele. E una classe di quel tipo, senza bambini italiani, è tragicamente privata di un dato collettivo che fuori invece è dominante, cioè la normalità. È un danno incredibile per i bambini, per le loro famiglie e per la società in generale. E allora che fare? Potremmo suggerire che forse, tra un corteo e l'altro, bisognerebbe dare un'occhiatina all'armonioso comporsi delle classi. Potremmo ricordare che esiste una circolare del ministro dell'Istruzione Maria Stella Gelmini che fissa un tetto del 30 per cento di alunni stranieri in ogni classe. Più concretamente, suggeriamo a tutti di lasciare a casa il lussuoso cestino da pic nic dell'ideologia e tirar fuori lo spartano fagotto del pragmatismo. Si dovrebbero mettere in piedi programmi per invitare anche gli italiani che abitano nel quartiere a iscriversi in quella scuola, convincerli con i fatti e non con le chiacchiere in sociologese stretto che quei bambini insieme possono crescere bene. Ma tutto questo si realizza a patto che su quella scuola, su quel quartiere, ci siano investimenti concreti per evitare il crearsi di sacche di emarginazione sociale. Si dovrebbe anche cominciare a far parlare chi fa politica scolastica con chi ha in mano quella urbanistica. Tutte cose che se le facciamo ora, ci eviteranno tra dieci anni di vedere le nostre periferie in fiamme come le banlieu di Parigi, o magari interi quartieri – sta già accadendo – dove vige un regime speciale di usanze, costumi e leggi che non hanno nulla a che fare con quello che stabilisce la nostra Costituzione. Le famiglie italiane sono le prime vittime delle istituzioni cieche. Mettiamoci nei panni di una famiglia tipo: solitamente ha scarse informazioni e, non avendo alcun tipo di risposta seria, cerca di orientarsi come può. Desidera solo il meglio – o presunto tale – per il proprio figlio. Quella famiglia di fronte a una simile Babele si spaventerà e manderà il bimbo in una scuola lontana dal proprio quartiere, cioè dal luogo nel quale alla fine il fanciullo forma la propria esperienza quotidiana. Il pericolo che ne venga fuori un alienato è altissimo. Il risultato finale è che si fanno crescere due comunità di stranieri sullo stesso suolo: gli immigrati che non assimilano la nostra cultura e si ghettizzano e gli italiani che percepiscono l'altro come diverso, primo passo per poi classificarlo come un pericolo. Complimenti, davvero un bel risultato. Cara Gelmini, vai avanti, rivoluziona tutto.

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