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«Vorrei cinque minuti per parlare a quelli a cui tengo di più.

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Difronte a loro posso concedermi una confessione politico-intimista». Ignazio La Russa ad Atreju è a casa e, davanti a Giorgia Meloni e ai suoi ragazzi, sente quasi il dovere di provare a dar loro una spiegazione di quanto accaduto con l'ex leader di An. «Non potete immaginare il dolore e la sofferenza che mi ha provocato quanto è successo: la frattura tra Gianfranco Fini e Silvio Berlusconi è il primo vero fallimento della mia vita politica», spiega. Il ministro della Difesa racconta di aver sempre fatto da raccordo tra i due leader, spiegando in più occasioni all'uno le ragioni dell'altro. «La mia scelta di restare nel Pdl, però, aggiunge - è irremovibile, perché coerente con quella che feci nel 1976, quando decisi di restare nell'Msi quando in molti se ne andarono per fondare Destra Nazionale. Con Tatarella ed altri restammo. Ci chiamavano la "destra amica" perché oltre ai valori politici ci univa l'amicizia. Poi, quando fu il momento giusto, ce ne andammo con Fini per fondare Alleanza Nazionale». La Russa non ha rimpianti per la scelta fatta da Almirante, quando assegnò a Fini la sua eredità politica. Certo la frecciatina lanciata dal presidente della Camera a Mirabello non gli è piaciuta. «C'è qualcuno che ha interesse a dipingermi come uno dei colonnelli che ha remato contro Fini. Non è vero. Io sono stato tra quelli che mise a punto l'emendamento per farlo restare. Ho lavorato affinché questa frattura non sia condannata ad essere irreversibile. La speranza è l'ultima a morire - conclude - Spero sempre che alla fine ci possa essere un abbraccio di nuovo tra Berlusconi e Fini. Una cosa è certa: è stato Gianfranco, il generale, a cambiare bandiera, non noi».

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