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Pdl pronto alla sfida con Fli

Il ministro della Difesa, Ignazio La Russa (D) con il capogruppo del Pdl al Senato, Maurizio Gasparri

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Il Pdl c'è e continuerà ad esserci. Futuro e Libertà, semplicemente, è un'altra cosa. Il discorso di Gianfranco Fini a Mirabello non ha detto molto, teso com'era a restituire il cerino del «che fare» a Silvio Berlusconi e ai suoi. Gli uomini del Pdl ringraziano. Ma non si tirano indietro. Maurizio Gasparri, presidente dei senatori del Pdl e il suo vice Gaetano Quagliariello sono a Frascati, alle porte di Roma, per presentare l'edizione 2010 della Summer School organizzata dalle loro fondazioni, «Magna Carta» e «Italia protagonista». Il titolo dei loro interventi di inaugurazione - giurano - è stato deciso più di un mese fa, ma calza a pennello: «Pdl un anno dopo: ha ancora un senso?». La risposta è univoca: non solo il Pdl è vivo e vegeto, ma ha fatto tanto per il Paese e tanto continuerà a fare. Se Fini vuole essere «la terza gamba» al tavolo di Berlusconi e Bossi, faccia pure. Ma non si illuda: anche se il Pdl esiste ancora, i finiani non potranno fare retromarcia. Principi, valori, moralità, fede, federalismo, politica internazionale: «Se si vuole andare alla radice delle cose, si dovrebbe ammettere che su tutto questo noi e gli esponenti più seri di Futuro e Libertà la pensiamo in mado assolutamente differente. Rappresentiamo ormai due destre diverse - spiega Quagliariello - Non si può pretendere di avere principi di fondo differenti, stare in gruppi parlamentari diversi e poi alloggiare nello stesso partito, magari pure con incarichi di responsabilità. Non si può stare al governo e all'opposizione», provoca. Gasparri con Fini e i suoi è un po' più tenero. Ma è lui a rivelare tra le righe cosa succederà alla ripresa dei lavori parlamentari: «Adesso bisogna calenderizzare rapidamente il voto di una mozione quadro. Berlusconi si presenterà alle Camere con una mozione politicamente chiara, con cinque punti quanto mai espliciti e dettagliati. Ci sarà un dibattito, e una replica. Poi sarà il voto a decidere». Il Pdl, insomma, è al lavoro. Ed è un lavoro frenetico. Bisogna mettere sul tavolo in modo quanto mai preciso il percorso programmatico che il governo ha intenzione di seguire. Probabilmente non ci sarà il processo breve. D'accordo. Era stato il premier a dirlo, prima di Mirabello, e forse questo darà un po' di tempo in più ai finiani: faranno i «bravi» più a lungo. Dopo i cinque punti, però - rivela Gasparri - «metteremo subito in calendario i provvedimenti più "significativi"». Il messaggio è chiaro: quel cinque per cento di disaccordo di cui ha parlato Bocchino in occasione della presentazione del documento programmatico di fine agosto, salterà fuori presto. «Non ci vuol molto a capire da che parte stanno. A ottobre sarà fatta chiarezza», commenta sicuro Gasparri. «Fini ha proposto un nuovo patto di legislatura - spiega Quagliariello - solo che è lui che vuole dettare le regole. Si fa come dice lui. E invece no. Un nuovo patto non può derivare dai vertici o da contraddittori continui. Tutto dipenderà dalla dinamica parlamentare». Il vice capogruppo del Pdl al Senato non si scompone neanche quando il direttore de Il Tempo Mario Sechi, intervenuto al dibattito, gli chiede provocatoriamente «Sì, ma quando si vota?». «Se si andasse al voto adesso gli italiani non capirebbero - risponde - a meno che tutto non avvenisse alla luce del sole, e cioè in parlamento». La sensazione è che Berlusconi e i suoi stiano lavorando per mettere a punto un calendario di provvedimenti chiave che siano in grado di mettere Futuro e Libertà davanti ad un bivio ineludibile, che suoni come la più definitiva delle alternative: o con noi o contro di noi. Perché se è vero che le grandi ideologie sono tramontate e che il Pdl è e vuole essere un grande partito liberale di massa, è altrettanto vero - secondo Quagliariello - «che non si può concepire un partito post-ideologico come una mera agenzia relativistica senza verità». Se «due destre diverse» alloggiassero nello stesso partito «il Pdl diverrebbe irriconoscibile e, per questo, ridotto ad uno stato di impotenza. Allora, e solo se accettassimo uno scenario del genere - conclude il vicepresidente dei senatori del Pdl - avrebbe ragione Fini: il Pdl non esisterebbe più». Avanti così, dunque. Pdl e Lega aggiungeranno «una gamba» al tavolo, legittimando l'esistenza di Futuro e Libertà all'interno della maggioranza. Ma fuori, e non potrebbe essere altrimenti, da quel partito che il presidente della Camera aveva contribuito a fondare e che ora defisce soltanto «una Forza Italia allargata a qualche Colonnello». A ottobre il bivio e la chiarezza che serve al Paese: o con noi o contro di noi. «O al governo o all'opposizione». I giovani che hanno iniziato ieri la Summer School applaudono. Lo fanno anche quando qualcuno - provocatoriamente - domanda se Fini, dopo i tanti cambi di rotta degli ultimi anni, sia mai stato davvero un uomo di destra. Hanno le idee chiare, loro.

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