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E il Democratico Pd vuol cacciare Renzi

Il segretario nazionale del Pd Pierluigi Bersani  con il sindaco di Firenze Matteo Renzi

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C'è spazio per il dissenso a sinistra? A quanto pare no, nonostante una settimana fa la rivista «Fare Futuro», organo ufficiale di Gianfranco Fini, abbia preso proprio il partito di Bersani come esempio di uno spazio dove poter esprimere le proprie idee. Al contrario di quello che avviene nel Pdl. Ma evidentemente anche il Democratico Pd ha posizioni che non possono essere discusse. Lo ha capito a sue spese il sindaco di Firenze Matteo Renzi il quale, dopo aver proposto di «rottamare» tutta la classe dirigente del partito, ha anche detto chiaro e tondo che lui alle primarie Pierluigi Bersani non lo voterà mai e poi mai. E chissenefrega, ha aggiunto, se lo statuto prevede che il segretario è anche, automaticamente, il candidato premier. Posizioni giudicate un po' troppo «ardite» dal Pd. Tanto che ieri, sull'asse Comune di Firenze-Regione Toscana, è arrivata la minaccia di espulsione. L'ha concretizzata, mettendo la richiesta nero su bianco, il Governatore Enrico Rossi: «Renzi scarica il segretario e tifa Vendola? Allora abbia il coraggio di uscire dal Pd. Io di sicuro sto con Bersani, eletto dal nostro popolo. Lo statuto parla chiaro, il segretario è il nostro candidato premier. Non ce ne devono essere altri».   E ancora: «Non posso accettare il linguaggio del sindaco, non si possono usare parole come "rottamazione" a proposito dei vertici del Pd. Se uno milita in un partito deve prima di tutto avere rispetto per gli altri e parlare in modo educato». Rimprovero che al sindaco era arrivato anche dalla presidente del Pd Rosy Bindi. Con parole non certo concilianti: «L'idea che un giovane all'anagrafe sbadigli nel momento in cui si rilancia un progetto politico per ridare futuro e speranza a questo Paese, a me preoccupa un po'. Quindi spero che gli sia scappato e che nel frattempo si sia messo la mano davanti alla bocca». Il sindaco di Firenze, che non è certo uno che si tira indietro davanti alle polemiche, ha risposto a muso duro, rilanciando la sfida: «Porterò all'assemblea nazionale (quella che si svolgerà l'8 ottobre ndr) le mie tesi con una mozione. E vedremo se sono in minoranza». Una guerra destinata a superare i confini della Toscana e ad approdare a Roma. Perché Matteo Renzi, ex rutelliano, è uno che scalpita assai per affacciarsi nel panorama nazionale. E le sue proposte non sembrano destinate ad esaurirsi in quel di Firenze.

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