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Il Pd cerca il leader. Del 2020

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Enrico Letta del Pd

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La manifestazione si chiama VeDrò. Che è sì un chiaro riferimento alla cittadina di Dro (Trento) in cui si svolge, ma anche un verbo coniugato al futuro. Naturale quindi che Enrico Letta e Giulia Bongiorno, promotori dell'iniziativa che si svolgerà da oggi al primo settembre, guardino oltre l'orizzonte delle beghe politiche quotidiane. Ma stavolta sono andati un po' troppo oltre. Nel suo appuntamento, infatti, il pensatoio bipartisan si pone come obiettivo quello di delineare l'identikit del leader del 2020. Cercando di individuarne, spiega il comunicato di presentazione, la personalità, la formazione culturale, come comunicherà, quale sarà il suo rapporto con il territorio e con lo Stato centrale, quali politiche dovrà adottare in tema di legalità, impresa, finanza e mercati, ambiente ed energia, media. Un lavorone. Ora, già che ci sono, i promotori dovrebbero anche spiegarci cosa accadrà da qui al 2020. Anche perché, a lanciare la provocazione, non sono due politici qualunque. Una, la Bongiorno, è una finiana doc. L'altro, Letta, è il vicesegretario del Pd. Insomma si tratta proprio di quelli che a giorni alterni, con più o meno veemenza, ci descrivono la fine del berlusconismo e sognano un'Italia senza il «tiranno» che l'ha governata tre volte negli 14 anni. Da loro ci si aspetterebbe una discussione sul leader del 2011, non del 2020. Chissà, magari è una questione di cabala. O forse, più semplicemente, è un'ammissione: oggi non esiste un leader in grado di scalzare Silvio Berlusconi da Palazzo Chigi. I suoi oppositori non sono credibili e non riescono ad eroderne il consenso. Quindi meglio lavorare per il lungo periodo, sperando che da qui a 10 anni il Cavaliere decida di ritirarsi dalla politica. Nel frattempo può dormire sonni tranquilli. Finiani e Pd non gli romperanno le scatole. E pensare che proprio in questi giorni, il redivido segretario del Pd Pier Luigi Bersani, ha ricominciato con forza ad annunciare l'implosione imminente della maggioranza. Non arriveranno alla fine della legislatura è l'anatema lanciato in ogni occasione pubblica. Le possibilità sono due: o Letta e Bongiorno non credono nelle capacità divinatorie del leader democratico, o si sono accorti della sua capacità di essere sempre fuori tempo e fuori luogo. Qualche esempio? Mentre infuriava la battaglia parlamentare sulla Finanziaria con la tensione all'interno della maggioranza che saliva alle stelle a causa delle inchieste sulla cosiddetta P3, lui non c'era. Il Pd presentava mozioni di sfiducia, un sottosegretario si dimetteva e lui era negli Stati Uniti a fare non si sa bene cosa. Non è stato diverso lo scenario delle ultime settimane. Sui giornali Silvio e Gianfranco se le suonavano di santa ragione e Bersani se ne stava in vacanza, chiuso nel suo silenzio. E adesso che il governo cerca in tutti i modi di allontanare lo spettro delle urne con i due cofondatori del Pdl che provano a stringere un patto di legislatura sulla base di cinque punti programmatici che fa? Parla di fine dell'esecutivo lanciando l'ennesima accozzaglia elettorale da nascondere sotto le insegne del «nuovo Ulivo». E mentre nel partito si litiga su ogni cosa (dalle celebrazione per la morte di Palmiro Togliatti alla festa democratica di Torino) lui si presta a magre figure come quella rimediata al Meeting di Rimini due giorni fa. Non invitato, si è presentato a «titolo personale» raccogliendo l'indifferenza del popolo di Comunione e liberazione che si è accorto della sua passerella guardando le televisioni e leggendo i giornali. Insomma una cosa è certa. Il Pd non gode di ottima salute. E forse non hanno tutti i torti Letta e Bongiorno. Di questo passo Berlusconi rischia di governare fino al 2020.

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