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Ma il problema resta la guida del partito

Denis Verdini, coordinatore del Pdl

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Un vertice lungo. Insolitamente lungo per mettere nero su bianco i punti del governo già ampiamente conosciuti su fisco, Sud, federalismo e giustizia e ai quali si è aggiunta la sicurezza. E sui quali i dissidenti finiani avevano già ampiamente fatto sapere, per vie informali, di non avere alcuna intenzione di arrivare a una rottura. Allora il sospetto è che nella riunione a palazzo Grazioli si sia parlato anche di altro. Sospetto che trova conferma in alcune «voci di dentro» del Pdl che vogliono restare anonime. E che raccontano come il problema vero messo sul tappeto da Silvio Berlusconi sia stato quello di un cambio nell'esecutivo del partito, nel triumvirato che governa il Popolo della Libertà. Ricambio non facile da gestire e da fare ma che si è reso necessario dopo il coinvolgimento di Denis Verdini nell'inchiesta sulla P3. Il deputato toscano ha avuto piena fiducia e appoggio totale da Berlusconi ma quel posto inizia a diventare scomodo. Perché troppo visibile e troppo attaccabile. Berlusconi sa, o almeno teme fortemente, che Fini, a settembre, scateni una vera e propria guerra sul coordinatore del Pdl per «vendicarsi» dei dossier sulla casa di Montecarlo. Una battaglia tutta giocata sulla moralità. Come del resto il presidente della Camera aveva già fatto a luglio quando, in un incontro a Napoli, aveva attaccato dicendo che chi è coinvolto in inchieste dovrebbe lasciare incarichi di partito. In quel caso il riferimento era diretto al sottosegretario Giacomo Caliendo ma era stato chiaro a tutti che il bersaglio «grosso» era proprio Verdini. Così, per evitare di finire sotto scacco Berlusconi ha necessità di togliere la pistola dalle mani di Fini. Ma il problema è più complicato di quanto sembri. «Togliere solo Verdini non può – spiega un parlamentare Pdl – perché sarebbe come accettare il diktat di Gianfranco, dare l'impressione che il coordinatore è diventato un peso scomodo, non più difeso». E allora occorre fare un rimpasto generale, togliere tutti e tre i coordinatori. E possibilmente metterne uno solo. Il nome che riscuote più consensi è sempre quello di Mariastella Gelmini. Perché è donna e perché il Cavaliere l'ha sempre stimata. A quel punto si aprirebbe però un problema per sostituirla al ministero dell'Istruzione. Ma anche questo potrebbe trasformarsi in un assist per il premier che avrebbe così un'altra casella in mano da giocare nella partita di un'eventuale ingresso al governo dell'Udc di Casini.  

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