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Fare fuoco (e futuro)

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L'appello al dialogo sembra essere caduto nel vuoto. I finiani respingono la «corte» di Silvio Berlusconi, accusandolo di fare politica attraverso «editti e killeraggio». E al tentativo di «campagna acquisti» tra i deputati «moderati» di Futuro e Libertà risponde Adolfo Urso: «Altro che ritorno all'ovile, alla fine di questa giostra, ci ritroveremo in almeno quaranta», afferma il viceministro allo Sviluppo economico, mentre il «falco» Fabio Granata intima al Cavaliere di «chiedere scusa a Gianfranco Fini» in una lettera dal tono irrisorio. La vigilia del vertice Pdl è scossa dal duro editoriale - bocciato solo in serata dai presidenti dei nuovi gruppi, Italo Bocchino e Pasquale Viespoli - del periodico online di Farefuturo, fondazione vicina al presidente della Camera. «Nessuno ci potrà più convincere che il berlusconismo non coincida con il dossieraggio e con i ricatti, con la menzogna che diventa strumento per attaccare l'avversario e distruggerlo», è uno dei passaggi choc dell'articolo, che accusa il premier di «propaganda stupida e intontita, di slogan, di signorsì e di canzoncine ebeti da spot pubblicitario». Una «vergogna» non averlo capito prima, scrive Farefuturo, che ammette «i sensi di colpa per non avere saputo e voluto alzare la testa». Perché, di fronte agli «editti» contro i vari Enzo Biagi, Daniele Luttazzi e Michele Santoro, la questione per la fondazione di stampo finiano non è più soltanto politica, ma anche «di civiltà, di democrazia e di libertà». E vergognarsene ora, insiste l'editoriale preannunciando «scelte difficili», «non prevede il silenzio, il ripetersi di un errore». Una posizione che viene sconfessata da Bocchino e Viespoli anche se nel dire che l'editoriale è andato «fuori misura» aggiungono che può «alimentare la polemica» quando ci si trova «davanti a professionisti del pretesto». Anche il viceministro Urso prova a smorzare i toni auspicando un «nuovo patto di legislatura» e promettendo che i parlamentari di Futuro e Libertà «non forniranno alcun motivo per una crisi». E in serata il comunicato congiunto di Viespoli e Bocchino correggono il tiro: «È fuorviante e strumentale - scrivono - alimentare la polemica a partire da editoriali sicuramente fuori misura e che non impegnano i gruppi parlamentari e che in ogni caso non rappresentano né dettano la linea politica che intendiamo seguire». Ma ad infiammare il dialogo arriva la lettera di Granata. Due pagine di battute e doppi sensi, rivolti direttamente al premier: «Presidente, recuperi anche me!», scrive il vicepresidente della Commissione Antimafia, che tra le sue condizioni per rientrare nel Pdl pone anche il ritorno al Milan di Kakà e Leonardo. Una battuta, quella del deputato siciliano, condita da altre frecciate velenose. Poi l'affondo finale: «Vada a trovare Fini, dopo aver spostato Feltri a dirigere Chi, e gli chieda scusa per tutto, iniziando a pensare che in politica la discussione, il confronto, la trasparenza, la legalità - conclude Granata - non sono il demonio».

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