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Pasquale-Italo, vite incrociate

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Italo Bocchino

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Italo e Pasquale. Pasquale e Italo. Due mondi diversi. Opposti. E adesso due linee quanto meno divergenti. Le storie dei due capigruppo finiani, quello alla Camera Italo Bocchino e quello al Senato Pasquale Viespoli, sembrano vissute all'interno di due compagini diverse. E talvolta in conflitto tra loro. Bocchino, 43 anni, è oggi il capo degli ultras, della linea dura e intransigente. Colui che s'è schierato dal primo momento per i gruppi autonomi, per la scissione. Colui che chiede quelle dimissioni di Berlusconi che porterebbero alla caduta del governo di cui l'altro, Viespoli, è ancora rappresentante, visto che ha annunciato per settembre le dimissioni da sottosegretario al Lavoro. Eccolo, Pasquale, 55 anni. Quello che con Andrea Augello aveva radunato i 14 senatori finiani per sottoscrivere un documento contro i gruppi autonomi. Quello che ha mediato, che ha trattato fino all'ultimo, per poi trovarsi quasi costretto a seguire Fini cacciato dal Pdl, seguendo un estremo moto di solidarietà e di fedeltà nei confronti dell'ex leader di An. Entrambi campani, sono nati a qualche decina di chilometri di distanza: Viespoli a Benevento e Bocchino a Frignano, vicino a Caserta. Le loro vicende personali, molto differenti, si sono continuamente incrociate, sovrapposte e spesso, pur partendo da punti distanti, sono arrivati l'uno sulle posizioni dell'altro, magari proprio mentre l'altro si convinceva che l'uno aveva ragione… Viespoli è un rautiano che sulla bussola della destra sarebbe l'est, se l'ovest fosse rappresentato dall'essere almirantiani, emisfero dal quale proviene invece Bocchino (ma non il padre, che, come di recente ha ricordato Pino Rauti, apparteneva alla sua componente). Dunque, Viespoli nasce in un mondo che ha sempre combattuto Almirante prima e Fini poi. Nel '93, una svolta. Pasquale si candida a sindaco della sua città, il capoluogo sannita. E mentre Fini perde nella corsa per il Campidoglio, lui da solo (sostenuto dalla lista civica di destra per Benevento) vince al ballottaggio con il 71% dei consensi e diventa il sindaco missino più importante, alla guida del Comune più grande tra quelli allora in mano alla destra. Viespoli espugna un'amministrazione-simbolo, storicamente democristiana, per cui si trova a impersonare una destra ansiosa di dimostrare la sua capacità di governare. Il leader di Alleanza nazionale comincia ad apprezzarlo, sostiene Viespoli, sindaco comunque in minoranza in un consiglio comunale nella provincia di Clemente Mastella (tra i due scorre odio). In questa condizione, Viespoli cade, e si ricandida di nuovo da solo nel novembre del '96, quando il Polo perde alle Politiche e già si parla di una fuga verso il centrosinistra del leader di Ceppaloni. Viespoli passa al primo turno e al secondo spiazza tutti: s'apparenta con Forza Italia e Cdu, ma tiene fuori il Ccd di Mastella. Pinuccio Tatarella va su tutte le furie, s'incazza. Teme che l'esponente del Ccd se la prenda per lo sgarbo e si allontani ancora di più. Soprattutto, Tararella era unito a Mastella da un patto d'onore tra politici meridionali. Qualche mese prima, Pinuccio aveva ingaggiato un duello con Mastella sui collegi elettorali per la candidatura del suo pupillo, Italo Bocchino. E nottetempo, l'ex vicepremier pugliese aveva fregato Clemente, con relativo scontro e successiva grande pace. Dunque, Tatarella non tollera un ulteriore strappo con Mastella. Fini, invece, avalla l'operazione. Ammira il coraggio di Viespoli di sfidare l'ex capo dc in casa e i risultati gli danno ragione: al ballottaggio, Viespoli rivince. Circa due anni dopo, dopo la morte di Tatarella, Fini spedisce Bocchino a Napoli a fare il presidente della federazione. L'anno successivo, Pasquale vuole candidarsi alla Regione per sfidare Antonio Bassolino, ma da Roma giunge l'investitura per il Governatore ribaltato da Mastella, Antonio Rastrelli. Viespoli sta fermo un giro, ma l'anno dopo viene candidato al Parlamento e ricompensato con il posto di sottosegretario al Welfare. Ancora Regionali nel 2005. Il centrodestra non sa chi candidare e Pasquale stavolta è coordinatore campano di An: riconosce a Forza Italia, principale partito del centrodestra, la priorità nell'individuare un candidato. Il leader locale di Fi, Antonio Martusciello, attuale commissario dell'Authority delle Comunicazioni, è il primo dei favoriti, ma fa un passo indietro e designa invece, nella sorpresa generale, Italo Bocchino. Quelli della destra la prendono male: si ritrovano un candidato che non hanno scelto, ma che comunque rientra in pieno in quota An. Scoppia un pandemonio: Bocchino corre, perde malamente e poi si dimette e torna a fare il deputato. Mordi e fuggi, prendi e scappa: è questa la sua filosofia. Rapido, svelto, furbo, scaltro, in pochi riescono a stargli dietro. L'altro, Pasquale, invece è riflessivo, strategico, guarda avanti. Lo scontro tra i due si fa sempre più aspro, più duro. All'epoca, Italo appartiene alla corrente filo-berlusconiana. Tornato a Roma, finisce in rotta di collisione anche con Fini, fa le pulci al bilancio di An, litiga con il tesoriere Francesco Pontone. Viene messo in lista in una posizione difficile, tanto che torna alla Camera per il rotto della cuffia. Intanto Pasquale va con Alemanno nella destra sociale, lontani dal Cavaliere. Ora Bocchino e Viespoli si trovano dalla stessa parte, con Fini, ma su linee opposte. Due giorni fa, Italo chiedeva le dimissioni del premier, provocando la rivolta dei finiani moderati. Mario Baldassarri parla con Viespoli, poi con Fini e stende un comunicato di richiesta di confronto con Berlusconi (il premier apprezzerà). A loro va un punto contro gli ultras finiani. Ma la partita è solo all'inizio.  

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