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Gli ex colonnelli: "Stupiti"

Foto di gruppo dell'ultimo congresso di An nel marzo 2009. Fini insieme ai suoi

Finiani giunti al capolinea

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Silenzio, imbarazzo. E comunque una generale, latente sofferenza. A sentire gli ex colonnelli di An nessuno tira un sospiro di sollievo. Anzi. Riassume Antonino Caruso, senatore del Pdl e nel comitato dei garanti di An: «Sono molto dispiaciuto per quello che accade a Fini e ad Alleanza nazionale».  Ignazio La Russa non sa nulla della nota di Fini a metà pomeriggio. Se la fa leggere al telefono. Si ferma un attimo e poi spiega: «Non ho mai commentato le notizie su questo caso e non commento le dichiarazioni di Fini. L'unica cosa che mi sento di dire è che Gianfranco spiega come fu lui ad autorizzare la vendita. E non io come ha lasciato intendere quello del Secolo... Come si chiama? Raisi mi pare». Altero Matteoli invece non sa nulla della nota e nemmeno vuole che gli sia letta al telefono: «Non sapevo neppure che il partito aveva un appartamento a Montecarlo. Quello che mi è stato detto è che la Colleoni aveva lasciato una casa ai Parioli e terreni a Monterotondo. Punto. Qualcuno ha detto pure che ero andato a vedere questo benedetto appartamento: ma se non vado nel Principato da trent'anni! Mi sono sempre occupato di organizzzazione dentro An, mai di amministrazione. Forse dopo quello che è accaduto mi rendo conto che invece avrei dovuto farlo. Forse in questo senso ho sbagliato». Maurizio Gasparri chiede di pensarci su. Dopo un paio di ore richiama e detta la seguente dichiarazione: «La mia sorpresa e il mio disappunto possono essere facilmente inuiti», parafrasando la chiusa della dichiarazione di Fini. Ironizza Massimo Corsaro, ex An e oggi tesoriere del pdl alla Camera: «Peggio el tacòn del buso (peggio la toppa del buco, ndr)» Sparano a zero invece gli uomini vicini a Berlusconi. Attacca Daniela Santanchè: «Le frasi di Fini? Le ho trovate ambigue, contraddittorie e inverosimili, con il vergognoso tentativo di scaricare le colpe di compagna e parenti. Non solo non fa chiarezza ma dimostra il rifiuto del presidente Fini a dire agli italiani la verità fino in fondo, cosa non ammissibile per la terza carica dello Stato - aggiunge - A questo punto, le sue dimissioni non sono solo auspicabili, ma diventano indispensabili». Arriva in soccorso Daniele Capezzone, portavoce del Pdl: «Siamo garantisti verso tutti, ma non siamo ciechi. La cosiddetta "spiegazione" fornita dal presidente Fini non spiega granchè sulla ormai famosa vicenda della casa monegasca». E aggiunge: «Mettiamola così: nella nota diffusa si coglie solo un forte nervosismo e una certa insofferenza nei confronti delle domande poste dalla stampa. Strano atteggiamento per chi si dichiara tifoso incondizionato della libertà di informazione». Non ci sta neppure Maurizio Bianconi, vicecapogruppo Pdl a Montecitorio: «È proprio vero che il silenzio è d'oro. Se avesse taciuto, il presidente Fini si sarebbe fatto meno danno.Non è questione di magistratura, poiché c'è chi in un'altra vicenda che ha qualche attinenza con questa (cose di case) si è dimesso senza neppure essere indagato». Insomma, Fini come Scajola.

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