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Granata: infiltrazioni anche tra gli eletti

Fabio Granata

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Fabio Granata torna a parlare di mafia e lancia un allarme: tra candidati ed eletti esistono pericolose «infiltrazioni e zone d'ombra». Il deputato del neonato gruppo Futuro e libertà per l'Italia espone la sua «denuncia» in quanto vicepresidente della commissione parlamentare Antimafia: «All'unanimità l'ufficio di presidenza ha fatto sottoscrivere ai partiti e ai candidati alla presidenza delle Regioni un protocollo antimafia - spiega - in cui sostanzialmente si accettava un codice etico sulle candidature, vigilando che rispondessero ad alcuni requisiti. Ma - denuncia il deputato finiano - tutto questo è stato fatto solo parzialmente. Il risultato è che tra i candidati e, cosa ancor più grave, tra gli eletti molti soggetti non rispondono ai requisiti del codice etico». Granata sa anche di chi è la colpa: i partiti non hanno vigilato a dovere. A questo si aggiunge un ritardo, «certamente da biasimare», da parte delle prefetture che dovevano trasmettere i dati. Sarà adesso direttamente la commissione - riferisce il numero due dell'Antimafia - a raccogliere i dati, «visto che è dotata di poteri analoghi e paralleli a quelli della magistratura». I risultati dell'indagine saranno poi consegnati al Parlamento perché «è bene che le Camere - continua il deputato finiano - si rendano conto e sappiano quali nomi non rispondono ai requisiti, e che i partiti e i presidenti delle Regioni acquisiscano le informazioni e traggano le conseguenze». Il deputato di Fli non fa nomi, ma anticipa che le Regioni coinvolte sono diverse. «Il dato non sorprendente ma certamente nuovo - conclude - è che non si tratta solo di Regioni del Sud». L'allarme di Granata arriva mentre al Senato è in esame il ddl sul codice antimafia. Se il Pd accoglie con favore le dichiarazioni del rappresentante finiano - e non è la prima volta - è dura la replica degli ex compagni di partito. «Granata cambia casacca e sigla ma non atteggiamento. Anche oggi parla a vanvera e con la consueta ambiguità. Se ha davvero qualcosa di serio da dire muova chiare accuse e soprattutto faccia i nomi. Altrimenti la smetta una volta per tutte di cercare pubblicità a buon mercato, su argomenti che sono troppo delicati per essere affrontati con la superficialità che gli è consueta», attacca Francesco Casoli, vicepresidente dei senatori del Pdl. «Granata continua, sotto il sole d'estate, ad alimentare la politica del sospetto senza portare contributi reali alla battaglia per la legalità», spiega la senatrice Pdl, Simona Vicari. Chi non è «sorpreso» dai dati emersi sulla violazione del codice etico è Piero Grasso, procuratore nazionale antimafia, che comunque sottolinea che si tratta di problemi politici di cui si occuperà la politica: «I partiti sono delle associazioni private e sono liberi di candidare chi vogliono anche venendo meno ai codici di autoregolamentazione, sottoscritti, che impedirebbero candidature di personaggi finiti sotto inchiesta».   L'alto magistrato ricorda come «già nel 1991 un fatto del genere era stato accertato dall'allora commissione antimafia presieduta da Gerardo Chiaromonte», quando lui era consulente della commissione e il fenomeno delle infiltrazioni fu riscontrato soprattutto al Sud. Su un possibile ritorno alla stagione stragista della mafia Grasso commenta: «Non ho la palla di cristallo per poter prevedere possibili attentati di Cosa nostra. Mi auguro che non sia così e non penso sia giusto alimentare allarmismi». Il procuratore antimafia ricorda che in «passato, durante il periodo delle stragi del '92, quando la mafia ha deciso di attaccare le istituzioni eravamo in un momento di tensioni politiche, c'era tangentopoli e probabilmente qualcuno voleva dare uno scossone per conservare un sistema, più che per cambiarlo.   Ma ad oggi non abbiamo elementi per parlare di rischio attentati». Le dichiarazioni di Granata e Grasso arrivano mentre continua il lavoro degli investigatori fiorentini sulle stragi del 1993-1994. Secondo alcune indiscrezioni sarebbe nell'aria una proroga delle indagini e nelle carte comparirebbero anche due persone indicate come Autore 1 e Autore 2. La procura di Firenze, però, smentisce tutto: «Non ci sono procedimenti su cui chiedere la proroga», dice il procuratore capo Giuseppe Quattrocchi. In passato, fra le inchieste aperte e poi archiviate a Firenze sulle stragi, una vide indagati Silvio Berlusconi e Marcello Dell'Utri, indicati come Autore 1 e Autore 2, ma il procedimento venne archiviato nel '98 e lo stesso Quattrocchi nel novembre scorso smentì che i due fossero indagati.

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