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Caliendo, oggi il voto di sfiducia Finiani e centristi si astengono

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Il presidente della Camera Fini e il leader dell'Udc Casini

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Non si chamano «terzo polo», almeno per ora. Preferiscono definirsi «un'area di responsabilità», fatto sta che stasera in Parlamento convergeranno sull'astensione alla mozione di sfiducia al sottosegretario alla Giustizia Giacomo Caliendo. Dopo una riunione nella sala De Gasperi della Camera ieri è arrivata l'intesa tra i finiani di Futuro e Libertà, Udc, Alleanza per l'Italia e Movimento per le Autonomie.   Nelle stesse ore Berlusconi, che oggi sarà in Aula, incontrava a Palazzo Grazioli il sottosegretario. Salvo sorprese i numeri dell'assemblea di Montecitorio dovrebbero far tirare un sospiro di sollievo al governo. Le astensioni dovrebbero toccare quota 84 (33 finiani, 38 Udc, 8 Api, 5 Mpa), i voti a favore della sfiducia dovrebbero essere 230 (24 dell'Idv e 206 del Pd), quelli contrari 304 (59 leghisti, 239 del Pdl, 5 della componente NoiSud, nata dalla scissione con il movimento di Raffaele Lombardo e Francesco Pionati). È evidente che se gli 84 «moderati» votassero con i democratici e con Di Pietro, Caliendo sarebbe sfiduciato. Ma non accadrà perché né Fini, né Rutelli, né Casini vogliono che si verifichi l'«incidente» che porterebbe inevitabilmente a una crisi parlamentare. Per ora l'intento è di rendere evidente che il governo Berlusconi non può non dialogare con l'area dei «responsabili» se vuole sopravvivere. Anche perché sul «terzo polo» non c'è ancora convergenza. I finiani assicurano che la scelta a favore del bipolarismo resterà inalterata. Ma nel Pdl c'è chi tiene comunque a sottolineare la gravità del passo cui si accingono i finiani (avvisati dal premier nella cena coi senatori Pdl: al primo incidente parlamentare ci sarebbero solo le elezioni). Un tasto sul quale batte anche la Lega. I capigruppo leghisti al Senato e alla Camera, Federico Bricolo e Marco Reguzzoni, prendono atto «della scelta dei finiani di consultarsi e votare con una parte dell'opposizione. Ognuno è libero di fare quel che crede assumendosene chiaramente la responsabilità. Però - sottolineano i due - se qualcuno pensa in futuro di bloccare con manovre di Palazzo l'azione del governo e le riforme si sbaglia di grosso. Né permetteremo ribaltoni, governi tecnici o di larghe intese». Il ministro dell'Interno Roberto Maroni è ancora più netto: se cade il governo si torna al voto, non c'è nessuno spazio per altri esecutivi. «Non ci sono alternative al voto anticipato. La novità per l'Italia è che si voterà a ottobre o novembre, ma cambia poco». Secondo il titolare del Viminale «non esiste una maggioranza diversa da quella che hanno voluto gli elettori, è irrealizzabile. Non c'è spazio per questi giochetti». Ma il fronte astensionista sulla mozione Caliendo deflagra anche nell'opposizione, con l'Udc e i rutelliani da una parte e Pd-Italia dei Valori dall'altra. Poi c'è la partita tutta interna al gruppo Fli.

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