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Caliendo, no della Camera alla sfiducia

Montecitorio, la Camera dei deputati

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{{IMG_SX}}Alla fine quel che conta sono i voti, e il governo ne mette in campo una quantità non esattamente rassicurante: 299, mentre la maggioranza a Montecitorio inizia a quota 316. La lunga estate calda della politica si chiude oggi pomeriggio, alle 18,25, quando Gianfranco fini legge le aride cifre che sanciscono per Giacomo Caliendo la salvezza. Eccole: votanti 603, astenuti 75, maggioranza 275, 229 sì, 299 no. Dai banchi del Pdl applausi, ma nessuna delusione nemmeno sui banchi di Pd e Idv, apertamente schierati per la sfiducia, e dell'asse finiani-entristi-autonomisti. Caliendo ce la fa perchè, su un voto del genere, l'astensione abbassa il quorum, e non per altro. IL LEADER DEL CARROCCIO - Primo commento a caldo quello di Umberto Bossi, che rassicura: è un segno che resistiamo, ora niente voto. Pier Ferdinando Casini, invece, incontra alla buvette della Camera Giulio Tremonti e gli fa: "i conti in Parlamento li so fare meglio di te". Tutto rimandato alla ripresa, dunque. Saranno settimane di contatti incrociati e momenti di riorganizzazione. I nuovi equilibri si assesteranno con il tempo, e solo le feste di partito di settembre daranno un primo segnale di quello che avverrà, magari a fine mese quando è calendarizzato il voto sul processo breve. L'ATTACCO DI DI PIETRO - «Chi fa una rapina e chi fa il palo sono ugualmente colpevoli. E in questo Parlamento ci sono tanti uomini palo». Lo ha detto il leader dell'Idv, Antonio Di Pietro, annunciando il voto favorevole del suo gruppo alla mozione di sfiducia contro il sottosegretario alla Giustizia. «Le ragioni per cui chiediamo che Caliendo vada a casa sono politiche e sono grandi come una casa - ha spiegato Di Pietro -. C'è una questione di igiene politica che dobbiamo affrontare, non c'entra il fatto che al momento è solo indagato. Non ci interessa se sono fatti penalmente rilevanti - ha proseguito -, ma sono gravissime le interferenze di un membro del governo nell'attività di altri organi dello Stato». L'ex pm ha poi evidenziato «la sovrapponibilità tra la loggia P2 e la loggia P3, che hanno due punti di congiunzione: Carboni e Caliendo». «Chiediamo di sfiduciare Caliendo oggi per sfiduciare l'intero governo domani - ha detto ancora il leader di Idv -. Chiediamo anche al presidente del Consiglio di fare le valigie e andare a casa. Novello Nerone, Berlusconi se ne sta nel suo bunker dorato a suonare l'arpa mentre il Paese brucia». Poi un affondo ai finiani: «Sulla questione morale non ci si può astenere, o si sta da una parte o dall'altra. Chi non vota la sfiducia mostra solo di essere un pavido, che non vuole tornare a votare perchè non vuole perdere il proprio posto in Parlamento». ALFANO DIFENDE CALIENDO - «Noi difendiamo un principio, quello della non colpevolezza. Con i principi si fanno i conti tutti i giorni, e non ci si può misurare in modo intermittente, e non ci si può astenere». Lo ha detto il ministro della Giustizia Angelino Alfano, intervenendo in Aula alla Camera in merito alla mozione di sfiducia presentata da Pd e Idv contro il sottosegretario Giacomo Caliendo. «State chiedendo le dimissioni di una persona che è solamente iscritta nel registro degli indagati - ha sottolineato Alfano rivolgendosi all'opposizione -. È un punto cruciale dal quale non vi potete sottrarre, e prima o poi vi tornerà indietro».Riguardo all'indagine sulla P3, il Guardasigilli ha spiegato: «Sono il ministro della Giustizia e non posso occuparmi del merito, ma credo che questa vicenda della P3 sia solo il frutto di un'elaborazione dei pm». LA SODDISFAZIONE DEL SOTTOSEGRETARIO - Si dice "soddisfatto della fiducia espressa dal Parlamento" e promette che andrà avanti nel suo incarico "secondo la regola che ho sempre seguito: dimenticare già dal giorno dopo le cattiverie ricevute dai nemici". Così il sottosegretario alla Giustizia Giacomo Caliendo parla dopo la bocciatura della mozione di sfiducia nei suoi confronti presentata alla Camera. RISSA SFIORATA PRIMA DEL VOTO - Momenti di tensione a Montecitorio, tra esponenti del Pdl ex anennini e deputati del Fli durante le dichiarazioni di voto sulla mozione di sfiducia al sottosegretario Caliendo. A quanto riferiscono diversi deputati, mentre parlava il capogruppo leghista Marco Reguzzoni, un gesto di sgarbo ha innescato la miccia, dopo giorni di tensione tra ex colleghi di partito. Tra i protagonisti Marco Martinelli (Pdl) e Aldo Di Biagio (Fli), che dopo un diverbio si sono dati appuntamento nei corridoi alle spalle dell'aula per proseguire il 'chiarimento'. A sedare quella che stava diventando una vera e propria rissa alcuni commessi e alcuni colleghi dei due gruppi, tra cui Fabio Granata ed Enzo Raisi. A quel punto Martinelli è uscito in Transatlantico, accompagnato da Micaela Biancofiore, che insieme a Barbara Saltamartini ha tranquillizzato il deputato, che ancora si rivolgeva agli ex colleghi con espliciti epiteti poco gratificanti.

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