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Se la via è stretta si vota

Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi

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Nessuna esitazione. «Al primo incidente si va al voto». Silvio Berlusconi al brindisi pre-vacanze con i senatori del Pdl sulla terrazza Caffarelli a Roma non usa mezzi termini sulla strategia che intende adottare dopo il divorzio da Fini. «Io voglio andare avanti ma se la via si fa stretta non resta che andare al voto» avrebbe detto ai senatori. Il condizionale è d'obbligo perché le frasi sono state riferite dai partecipanti. E nella concitazione qualcosa è stato mal riportato. Così una frase attribuita al Cavaliere e cioè: «Abbiamo un presidente della Repubblica votato da sinistra che vuole decidere gli aggettivi e "giudici costituzionali di sinistra al 90%", quindi "la situazione attuale non ci lascia tranquilli dal punto di vista democratico» è stata smentita ufficialmente da Palazzo Chigi: «La frase sul Capo dello Stato attribuita dalle agenzie al Presidente Berlusconi non è mai stata pronunciata». Nessuna retromarcia invece sulle parole con le quali Silvio ha ripercorso le tappe della rottura con il presidente Fini. «Era diventata "una situazione insopportabile", c'era "una disgregazione inaccettabile che noi non potevamo subire ancora. Per questo motivo ho deciso di fare chiarezza» ha detto il premier che ha ricordato anche il possibile peso elettorale del suo ex alleato. I sondaggi danno a Fini «l'1,5% ancor di meno se non si apparenta a noi. Non ha interesse a votare». Lo strappo però (apprezzato, il premier è risalito nei sondaggi «danno me ancora oltre il 60% e 3 punti in più per il partito» ha detto Berlusconi) non dovrebbe mettere a repentaglio la vita del Governo. I finiani «mi hanno manifestato la volontà di essere leali. Ho ricordato loro di essere stati eletti nelle liste del Pdl ed è convenienza di tutti non andare a casa». Ed è sugli scenari in Parlamento che il Cav si è soffermato nell'incontro. «La paginata di Repubblica (che ha messo in evidenza i contatti del premier per ottenere i voti necessari a controbilanciare l'uscita dei finiani dal Pdl ndr) è di una falsità assoluta. Io non ho fatto neanche una telefonata ma sono stato contattato per esempio da cinque del gruppo di Fini». Da sottolineare che al brindisi di ieri sera si è anche visto il senatore del gruppo misto Riccardo Villari, ex membro del Partito Democratico da cui fu costretto a uscire, e dunque di fatto acquisito nelle truppe del Pdl. Non solo. All'incontro c'era anche Deodato Scanderebech, deputato ex Udc che dovrebbe prendere il posto di Michele Vietti in Parlamento, e che ha visto Berlusconi. Un segnale del suo interesse a lasciare l'Udc per entrare nel Pdl. Non è detto poi che i nuovi equilibri politici in Parlamento per Berlusconi non possano anche semplificare l'azione politica: «Prima si discuteva di tutto, ora sarà più facile andare a discutere con i rappresentanti di questi gruppi. Certamente le decisioni non dovranno cascare dalle stelle, ma dovranno avere le radici nel nostro programma». E di nodi da affrontare alla ripresa non ne mancheranno. In primis la nuova architettura dello Stato. La situazione attuale, «non ci lascia tranquilli» perché «non assicura la piena democrazia» ha affermato Berlusconi ribadendo che al più presto verranno portate all'attenzione del Parlamento la riforma della giustizia, del fisco, e le riforme istituzionali. Infine il partito. «Non farò vacanze ma lavorerò all'organizzazione del partito e a temi della campagna elettorale da qui a tre anni» ha detto Silvio spiegando cosa cambierà nel Pdl. Nessun cambiamento dei vertici, ma ci sarà «una rivoluzione» nel modo di intendere il partito». «Miriamo a rinnovarci attraverso un'organizzazione capillare. Ci organizzeremo non più con i prototipi di regioni, province e comuni ma attraverso le sezioni elettorali. «Ogni settimana decideremo cosa fare con le sezioni elettorali che saranno per noi i difensori del voto».

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