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Rutelli non s'allarga, ma l'intesa c'è

Francesco Rutelli

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La Puglia ritorna laboratorio dell'oltrepolismo e dell'allargamento dei confini del centrodestra? Su questa linea si è mosso abilmente Gaetano Quagliariello. Il presidente di Magna Carta ha invitato in Puglia, nella elegante masseria il Melograno, il presidente di Alleanza per l'Italia, Francesco Rutelli, anima riflessiva e antigiustizialista dell'opposizione. Il tema dell'appuntamento, «Di chi è lo spazio al centro?» è solo lo spunto per un dibattito a trecentosessanta gradi, nel quale la vis polemica - per una serata - ha lasciato il passo alla riflessione analitica. Ed era presente tra il pubblico anche l'ambasciatore Giovanni Castellaneta. La sfida del vice presidente dei senatori del Pdl si sostanzia in un appello a Rutelli, affinché possa cadere la pregiudiziale anti Cavaliere in molti ambienti liberali e moderati, da tempo a disagio accanto a Di Pietro e alla sinistra radicale: «Chiedo al leader dell'Api di mettere fine al pregiudizio, tutto ideologico, dell'antiberlusconismo per discutere di grandi riforme. Ormai Massimo D'Alema ogni sei mesi annuncia la fine del Cavaliere. E mi rassicura. Il suo è il ventiquattresimo annuncio, e il premier è sempre lì...». Quagliariello punta ad una riforma della Costituzione: «Siamo passati dalla democrazia dei partiti a quella degli elettori, ma il governo non ha la possibilità di deliberare, ed è costretto o a decretare d'urgenza o a porre la fiducia. Per questo motivo l'approdo riformista è quello che interessa il popolo e sarà il nodo cruciale della seconda parte della legislatura». L'ex ministro della cultura non ha chiuso la porta, ha ricordato la comune militanza nel Partito radicale, «quando da anticomunisti andavamo a contestare i missili sovietici nei territori al confine della cortina di ferro», e ha alzato il tiro: «Un'ampia convergenza parlamentare su una legge elettorale senza premio di maggioranza e con il ritorno alle preferenze può essere l'appuntamento conclusivo dell'attuale legislatura». Nessun ingresso nella maggioranza è all'orizzonte. «Sono all'opposizione e resto all'opposizione per coerenza con gli elettori - ha puntualizzato l'ex sindaco di Roma - ma dichiaro la mia disponibilità a varare "cose utili" in un momento difficile. Dobbiamo uscire dal bipolarismo muscolare, segnato dagli odi. E l'opposizione, sulla sfida delle riforme, deve dare il proprio contributo per migliorarle». «Stiamo assistendo al superamento di un ciclo politico ventennale. È finita - ha aggiunto Rutelli - la coesione tra Fini e Berlusconi. Chi pensate che abbia fatto dimettere Brancher e Cosentino? L'opposizione? Non mi iscrivo tra quelli che sostengono il tanto peggio tanto meglio, ma noi spingiamo per la nascita di un nuovo polo, legato alle soluzioni ai problemi del paese, per realizzare una rivoluzione liberale che Berlusconi non ha fatto». Il modello è quello del liberal democratico inglese Nick Clegg. E in Parlamento l'Api potrebbe addirittura inviare messaggi di attenzione per alcune riforme in cantiere, come sull'università: «La settimana prossima sarei felice di votare la riforma disegnata dalla Gelmini, se emergesse la disponibilità a metterci risorse e accogliere alcuni nostri emendamenti». Il leader centrista si è mostrato tiepido su una eventuale candidatura come premier del centrosinistra di Nichi Vendola. «Questa è una novità molto rilevante. Con il governatore della Puglia in campo, il Pd dovrà lanciare un proprio candidato, molto caratterizzato a sinistra. In questo contesto si rilancia il progetto di un terzo polo, tra un centrodestra dominato dalla Lega e una sinistra con forti venature giustizialiste». Quagliariello sulla scomposizione del quadro politico, conseguenza inevitabile di un ritorno al proporzionale ha tirato il freno a mano. «Una nuova legge non precede ma è una conseguenza dell'approvazione di grandi riforme. Quando avremo riformato i poteri dell'esecutivo, la forma dello stato e di governo, allora potremo dedicarci a discutere di nuovo di legge elettorale. Il bipolarismo è un elemento fondante di tutte le democrazie moderne, e al centro non ci sono partiti ma elettori». Rutelli e Quagliariello poi si sono soffermati sul ruolo di Gianfranco Fini. «Sta svolgendo con il dovuto rigore il suo ruolo istituzionale», ha commentato il primo. Il presidente di Magna Carta ha espresso una posizione realista su una possibile ricomposizione del rapporto tra l'ex leader di An e Berlusconi. «Le turbolenze interne al Pdl non devono sorprendere. Nei grandi partiti sono fisiologiche, non delle eccezioni. Chi potrebbe affermare di essere contro un accordo tra i cofondatori? Ma stavolta ci deve essere un accordo vero. Non un "accordicchio"». Infine Rutelli ha fatto una apertura sulla giustizia: «Le posizioni espresse da Giulia Bongiorno sono utili. Ma non so se saranno sufficienti a sbloccare la situazione. Mentre sulla riforma della giustizia civile e sulla spersonalizzazione dell'ufficio del pubblico ministero, si dovrebbe trovare in Parlamento una amplissima convergenza».  

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