Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

Il rock sconfiggerà l'estremismo islamico.

default_image

  • a
  • a
  • a

Ormaiè una realtà dall'Asia all'Africa. I cd dei rockettari di fede islamica sono nelle hit delle vendita. Nonostante le campagne terroristiche che minacciano di bruciare i negozi che li vendono in Pakistan come in Somalia, le band riscuotono successo tra i giovani. Le canzoni parlano di pace e amore. I ritmi sono tambureggianti, coinvolgenti. Mixano le sonorità della tradizione con gli effetti speciali del rock più puro con chitarre elettriche che fanno vibrare i timpani e batterie che scuotano i nervi. I giovani sfidano l'oscurantismo dei jihadisti e ascoltano le canzoni dei loro idoli. Alle nenie che cantano gli eroismi dei «19 magnifici» del «Manahattan raid» e parlano di morte e sacrificio preferiscono le moderne melodie. Così in Somalia è esplosa la mania rap con il successo di una canzone di un gruppo di giovani somali costretti a vivere in esilio che attacca i Giovani mujaheddin del gruppo legato ad Al Qaeda. Gli Shabab tentato in tutti i modi di impedirne la vendita ma nei mercati di Mogadiscio e di altre zone della Somalia il cd, distribuito in modo clandestino va letteralmente a ruba. Il gruppo si chiama Waayaha Cusub (La nuova era) e suona musica rap a Nairobi. Tra i cantanti anche due ragazze, Felis Abdi, 23 anni, e Amal Mohamed, di 22. Questi giovani cantanti si dicono «buoni musulmani che pregano e digiunano, ma che non uccidono come fanno gli Shabab». Il gruppo è nato nel 2004 e ora è composto da 10 membri che con il loro ultimo lavoro discografico hanno deciso di combattere con la musica gli estremisti islamici che li costringono a vivere in esilio. Immediato il successo delle canzoni anti-Shabab, scaricate anche da Internet e Youtube, mentre molti sono riusciti a trovare i cd nei mercati del paese, nonostante i ribelli islamici controllino quasi tutte le province del sud della Somalia. «Sappiamo di questi giovani, ragazzi e ragazze, che vanno in giro a insultare i mujahidin - ha affermato un esponente degli Shabab commentando i successi ottenuti dal gruppo rap -. Ovunque essi si trovino devono sapere che non possono sfuggire a lungo all'esercito di Allah». I Waayaha Cusub sono un gruppo particolare, infatti tutti i membri sono ragazzi/e rifugiati in Kenya. La loro base è Nairobi, esattamente il quartiere di Eastleigh dove si stima una alta presenza di somali, tanto da denominarla Little Mogadishu. I ragazzi indossano jeans all'americana, berretti da baseball, camicie sgargianti, mentre le ragazze si sentono libere di esprimere quello che sentono, c'è chi indossa fuseux e maglietta con la chioma in bella vista e chi invece preferisce velo islamico e gonne lunghe. Il gruppo è stato spesso preso di mira dai conservatori per queste «eccessiva» libertà. Però la vera libertà i Waayaha Cusub la trovano nelle canzoni. La loro musica è il frutto dell'incontro della tradizione neomelodica somala con i suoni della modernità, soprattutto con l'hip-hop statunitense. Nei testi parlano dei loro problemi: di come è duro vivere in un campo profughi o di come la guerra ti lacera le viscere. Ha fatto scalpore tempo fa una loro canzone sull'Aids. Falis Abdi Mohamud, è uno spirito ribelle per natura. In un video appare a capo scoperto, senza il velo che usa la maggioranza delle donne somale, e per di più indossa dei jeans attillati. «Mi criticano dicendo che non sono una musulmana perché porto i pantaloni. Ma io sono musulmana. Con le canzoni voglio raggiungere il mio popolo. Non interromperò la mia missione a causa della paura degli altri. Sarà la storia a dire chi ha ragione e chi ha torto», ha raccontato in un'intervista a un giornale keniota. A lottare per la democrazia contro il fondamentalismo ci pensano le band pakistane come i Call che si rifanno al rock più puro come quello dei Led Zeppelin e dei Pink Floyd. Come ogni gruppo rock che si rispetti ha vissuto diverse traversie. Fondato nel 1994 all'università di Lahore si è sciolto nel 2002 ma sempre nel 2002 è tornata a cantare senza Danish uno dei cantanti. Ora si presentano come esponenti dell'«urdu rock» e impazzano su Youtube. Più tradizionali e con maggiore successo sono gli Aaroh (ascensione ndr), il ritmo è marcatamente rock ma la voce riprende le tonalità dei canti classici del sub continente indiano. Hanno un sito con video e dove si possono ascoltare i brani delle loro canzoni: sono i Junoon, (ossessione ndr) gruppo leader del Sufi rock. Band pakistana formata vent'anni fa da un medica cantante e chitarrista, Salam Ahamd a Karachi. Politicamente impegnati nei testi si battono contro la censura. Gli Junoon hanno scritto una canzone dopo l'assassinio di Benazir Bhutto dove auspicavano la restaurazione della legge e dell'ordine contro il caos degli estremisti. Nell'album più recente se la prendono anche con Zardari definito un monarca. Vanno sul palco con il paqol in testa, il tradizionale cappello pashtun indossato anche da Osama Bin Laden. Il rock fa breccia anche in Afghanistan. I Kabul Dreams sono una band di tre giovani afghani che, sfidando gli editti talebani, sono tornati a suonare la «musica rivoluzionaria» a Kabul. Le loro canzoni sono sempre più ascoltate su «Radio Rock», una della emittenti della capitale. Un concerto nei gironis corsi ha riscosso un enoerme successo tra i giovani afghani. La band è multietnica, composta dal cantante e chitarrista uzbeco Sulieman Qaedash, dal bassista pashtun Siddique Ahmad e dal batterista Mujtaba Habibi di etnia hazara. I loro dischi però li hanno incisi in India, dove hanno preso parte dell'Asia meridionale Bands Festival. Hanno girato video che vanno forte su YouTube e hanno persino un sito su internet, come ogni band che si rispetti. «Crack in the Radio», una delle loro canzoni, è la storia di una ragazza che lavora alla Rock Radio di Kabul, è un elogio alla libertà a nove anni dalla caduta del regime dei talebani. Mentre nel mondo di Osama il rock spopola, nei cosiddetti Paesi islamici moderati è messo sotto processo. Accade in Egitto dove i gruppi e i fan Heavy Metal sono stati accusati di essere adoratori di Satana e peggio complici di una cospirazione sionista. I giovani egiziani respingono le accuse «L'Heavy metal è solo musica: Non ha niente a che vedere con l'adorazione di Satana». E alcuni di questi fan sono finti anche in carcere colpevoli di indossare abiti non conformi alla società egiziana. Tra le nenie epiche e un futuro da shahid, i giovani musulmani prererscono ilr cok chiassone che parla di pace e amore.

Dai blog