Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

Il dolore per la madre morta l'avrebbe vinto con un figlio

Il corpo di Annamaria Tarantino semi nascosto dai rovi. A destra la donna uccisa da Leopoldo Ferrucci, in basso

  • a
  • a
  • a

«Sono state dette alcune sciocchezze su Anna Maria, in particolare la compagna del suo assassino avrebbe detto che lei lo chiamava al telefono amore, tesoro ecc. Ammesso che sia così, e non lo è, non era certo per amore. Era nel suo carattere essere dolce e gentile, tutto lì». A parlare è Lauretta, amica da vent'anni della Tarantino. «Ci siamo conosciute a un provino per Domenica In - dice Lauretta che oggi ha due figli adolescenti - l'edizione con Toto Cutugno. Io avevo 19 anni e sognavo di fare la ballerina. Anna Maria, due anni più di me, era lì perché desiderava già allora di diventare scrittrice. Era attratta da Neerea Fallaci, la sorella di Oriana, che aveva una rubrica fissa. Poi ha trovato la collaborazione con Il Tempo. Era così orgogliosa dei suoi articoli. Quando ne usciva uno, portava il giornale qui a casa mia e lo leggevamo insieme». Le ha mai parlato di Leopoldo Ferrucci, il suo carnefice? «Mai. Questo vuol dire che non ci pensava a lui, se non per quel tipo d'aiuto per il quale lo aveva chiamato». Ma si confidava con lei? «Certo, io sapevo di tutti i suoi amori, le sue storie perlopiù finite male. Come l'ultima con un collega di banca. Si sono lasciati il giorno di Pasqua. Litigavano spesso, lui l'insultava ma la rottura l'ha fatta soffrire tanto». E le altre storie? «Anna Maria voleva tanto un figlio ma voleva che avesse un padre affidabile. E non era una cosa facile. Incappava spesso in uomini violenti che la maltrattavano. Una volta mi raccontò che anche il padre era un tipo violento e ogni tanto picchiava la madre. Era il cruccio della sua vita. Poi è rimasta pure incinta ma lo ha perso, la gravidanza era extrauterina. Dopo la morte dei genitori, sono morti a distanza di due mesi l'uno dall'altra nel 2001, questo bisogno di maternità era diventato impellente». C'erano anche i rapporti tesi con i familiari. «Aveva ricevuto in eredità dal nonno materno, che lei adorava, la casa di Ischia. Ed era scoppiata la guerra con gli zii e i nipoti che per lei erano degli estranei. Era arrabbiata con loro». Si è chiesta come mai, proprio a lei, il destino ha riservato una fine così atroce? «Sì me lo chiedo costantemente. Anna Maria si fidava di tutti, forse era un po' ingenua. Se ne tornava a casa, a piedi, tranquillamente all'una di notte. Io ero perplessa e lei diceva "Ma di che hai paura? Tanto a me chi mi tocca"».    

Dai blog