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Continuano le trattative all'interno della maggioranza per arrivare ad una versione condivisa del ddl sulle intercettazioni.

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Emendamentiche non dispiacciono ai finiani. «Sono un passo in avanti» commenta il presidente della commissione Giulia Bongiorno. Ma non bastano. Così la parlamentare, dopo una lunga riunione con il presidente della Camera Gianfranco Fini, mette a punto alcune «integrazioni». Proposte che, fanno notare nel Pdl, non contrastano con quelle di Costa. Così, dopo mesi di polemiche, lo scontro sembra placarsi anche se solo oggi si conoscerà il parere del governo sui "ritocchi" suggeriti dalla Bongiorno. Tra questi spicca sicuramente quello che è stato definito l'emendamento «anti-casta». Viene ridotto infatti il privilegio introdotto al Senato che stabiliva che, nel caso in cui intercettando utenze di terze persone si fosse arrivati ad ascoltare un parlamentare, si sarebbero dovuti sospendere i controlli e si sarebbe dovuto chiedere il via libera alla Giunta per le Autorizzazioni della Camera di appartenenza. E questo se si fosse ravvisato che in realtà la precisa volontà era quella di ascoltare il parlamentare. Quando questo «speciale regime» venne introdotto a Palazzo Madama in molti parlarono di norma «anti-Trani», riferimento all'inchiesta nella quale ascoltando terze persone per altre ragioni venne intercettato il presidente del Consiglio che chiedeva la chiusura di Annozero. E se nella maggioranza si lavora con più fiducia ad un accordo, l'opposizione continua ad attaccare. Per l'Udc, che difende i propri emendamenti (una quarantina), ci sono passi avanti ma insufficienti. Più duri il Pd (400 emendamenti) e l'Idv che continuano a contestare il provvedimento.

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