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La legge Brunetta? La rispetta solo lui

Renato Brunetta

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Una casa «di vetro», poco trasparente e con molte zone d'ombra. È l'amministrazione pubblica italiana, che resiste ad ogni tentativo di modernizzazione e rifugge gli sforzi di chiarezza. C'è una legge che li impone, la numero 69 del 18 giugno 2009. C'è un ministro competente, Renato Brunetta, che dell'«Operazione trasparenza» ha fatto la sua battaglia politica con uno slogan, almeno quello, efficace: «Conoscere per dare fiducia». Ma i suoi colleghi di governo sono i primi a non dare seguito alla norma. E così chi detiene il potere di applicare le leggi, è il primo ad eluderle. Eppure l'articolo 21 della normativa è chiaro: «Ogni amministrazione - si legge nella presentazione sul sito del ministero della Funzione Pubblica - è tenuta a comunicare e pubblicare online incarichi affidati a consulenti e collaboratori esterni; incarichi retribuiti ai dipendenti pubblici; consorzi e le società a totale o parziale partecipazione pubblica; distacchi, aspettative e permessi sindacali, nonché aspettative e permessi per funzioni pubbliche elettive; nominativi dei dirigenti (curriculum vitae, retribuzioni e recapiti istituzionali) e tassi di assenza e presenza del personale, aggregati per ciascun ufficio dirigenziale». Tutto per mettere in grado il cittadino di conoscere chi amministra la cosa pubblica, con quale retribuzione, con quale assiduità. E consentire a chiunque di entrare in contatto con gli abitanti della «casa di vetro». Il modello è quello riportato sul sito del ministero della Pubblica Amministrazione: Brunetta annota puntualmente dati riguardanti la sua retribuzione mensile (15mila e 500 euro esclusa tredicesima e «altri eventuali emolumenti mensili, rimborsi forfetari e varie, disposti con deliberazioni dell'ufficio di presidenza delle Camere»), quella del sottosegretario Augello (3 mila euro cui si somma lo stipendio da senatore di 11mila 700 euro), curricula e incarichi del suo staff e dei consulenti esterni. Impossibile, invece, sapere quanto guadagna il ministro dell'Economia, o quello degli Esteri, solo per fare due esempi. Dai loro siti non risulta. Così come dalla homepage del Tesoro, dove il link «Operazione trasparenza» è del tutto omesso. Secondo il dicastero della Funzione pubblica (monitoraggio aggiornato al 14 maggio scorso), i ministeri che hanno dato notizia delle retribuzioni in modo conforme alla legge sono: Affari Esteri, Giustizia, Economia e Finanze, Sviluppo Economico, Politiche Agricole, Ambiente, Lavoro e Politiche Sociali, Salute, Istruzione università e ricerca, Beni Culturali, Presidenza del Consiglio. Anche se, a ben guardare, basta arrivare fino in fondo ai curricula pubblicati sui siti istituzionali per accorgersi come alcuni (presi a campione) abbiano riportato «euro 0» alle voci «retribuzione annua», «stipendio tabellare», «posizione parte fissa», «posizione parte variabile», «retribuzione di risultato», «totale annuo lordo». Così al ministero della Giustizia, o a quello dell'Economia. Interno e Difesa hanno pubblicato dati generici per profilo, non nominativi, mentre Infrastrutture e Trasporti hanno comunicato solo cifre parziali. «Complessivamente - è il bilancio del Ministero della Pubblica Amministrazione - il monitoraggio evidenzia una situazione largamente positiva (soprattutto se riferita a quella registrata alcuni mesi or sono) nel processo di adempimento degli obblighi di legge sulla trasparenza. L'unico dato negativo ricorrente riguarda semmai un mancato aggiornamento sui rispettivi siti istituzionali dei tassi di assenza/presenza del personale afferente a ciascuna unità dirigenziale». Per gli inadempienti e i responsabili degli omissis, un apposito decreto legislativo (150 del 2009), prevede all'articolo 11, comma 9, una speciale sanzione, ovvero il «divieto di erogazione della retribuzione di risultato ai dirigenti preposti agli uffici coinvolti». Per tutti, eccetto per la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Con una circolare, datata gennaio 2010, il ministro Brunetta ha ribadito infatti l'esclusione dalle sanzioni per gli inquilini di Palazzo Chigi già stabilita dall'articolo 73 del decreto legislativo. «A differenza dell'articolo 21 della legge 69 del 2009, le cui prescrizioni sono dirette, per esplicita previsione, a tutte le amministrazioni pubbliche (...) - si legge nella circolare -, il decreto legislativo numero 150 del 2009 non si applica direttamente alla Presidenza del Consiglio dei Ministri». Sarà lo stesso Presidente del Consiglio ad emanare appositi decreti per determinare «limiti e modalità di applicazione delle disposizioni, anche inderogabili, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri». Il tutto in funzione «della peculiarità del relativo ordinamento che discende dagli articoli 92 e 95 della Costituzione». Capitolo a parte, poi, è quello dei ministri «senza portafoglio». Cioè di quelli che rientrano a pieno titolo nell'ambito della Pubblica amministrazione, ma non hanno autonomia di spesa. Anche tra di loro c'è chi infrange la legge: il ministero del Turismo, responsabile Michela Vittoria Brambilla, per esempio, sul web semplicemente non esiste. Impossibile venire a conoscenza della benché minima informazione su uffici, dirigenti, stipendi o assenze del personale. Sul portale del governo viene riportato solo l'indirizzo postale, il numero di telefono della segreteria del ministro e l'indirizzo mail dell'ufficio stampa. Certo, Michela Vittoria Brambilla ha un sito internet personale, con tanto di foto e appuntamenti ufficiali. Ha realizzato Italia.it, il portale che dovrebbe incentivare il turismo nel Belpaese. Ma di indirizzo istituzionale neanche l'ombra. Di conseguenza, la struttura e l'organizzazione del ministero (nato appena un anno fa, l'8 maggio 2009, a seguito della promozione da sottosegretariato della Presidenza del Consiglio) resta per i cittadini un vero e proprio mistero. Ha un sito istituzionale ma non vi riporta alcun dato legato alla trasparenza il ministro per la Semplificazione normativa Roberto Calderoli. Riporta invece informazioni incomplete un altro ministro senza portafoglio Giorgia Meloni: al link «Operazione trasparenza» corrispondono stipendi dei dirigenti e dei consulenti esterni, indirizzi email e numeri di telefono. Per i curriculum vitae di alcuni amministratori bisogna rivolgersi al sito internet della presidenza del Consiglio. Dei tassi di presenza degli uffici neanche l'ombra. Peggio di lei fa Mara Carfagna, ministro per le Pari Opportunità. I compensi riportati si riferiscono solo ai consulenti ed esperti del Dipartimento. Dei curricula ed emolumenti dirigenziali non c'è traccia. Per non parlare della produttività degli uffici.

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