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Un trio indeciso a tutto

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Pierferdinando Casini e Silvio Berlusconi

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Allargamento. Quando nel vocabolario della politica italiana compare questa parola, potete star tranquilli che siamo nei casini. Con la c minuscola e in questo caso anche con quella maiuscola. Le cronache sono piene di notizie su Berlusconi che vorrebbe il riavvicinamento con l'Udc, sul sempre furbo Pier che dice si può fare ma solo a patto di una crisi, e da ultimo ieri abbiamo appreso da Roberto Maroni, nelle vesti non già di ministro dell'Interno ma di esponente del Carroccio, che invece, no, il partito di Casini è meglio che stia fuori e se proprio qualcosa deve cambiare è meglio andare dritti alle elezioni. Come sempre in Italia la situazione è grave ma non seria, perché nessuno dei protagonisti può essere serio mentre prende in considerazione delle opzioni che chiamiamo virtuali per carità di patria. L'Italia infatti ha la classe dirigente più chiacchierona d'Occidente. Non fa niente, ma rilascia dichiarazioni e promette grandi progetti tutti i giorni. Dicevamo ieri, cari lettori, che l'Italia sopravvive (non sappiamo ancora per quanto) nonostante i suoi ministri e parlamentari. Il dibattito estivo, conferma la nostra vocazione all'ombrellone, più in là della spiaggia c'è il mare aperto. Noi restiamo rigorosamente in spiaggia. Ma perché Berlusconi vuole allargare la maggioranza? Perché Casini dovrebbe rientrare al governo? Perché la Lega dice no? Il Cavaliere ha un problema che si chiama Fini. A forza di evocarlo in tutte le salse, di volerlo trasformare in un nemico quando non aveva alcuna forza a disposizione, si è riusciti a farlo divenire un punto di riferimento per quelli che, nel Pdl e non solo, cominciano a pensare che Silvio è cotto. E così Fini incassa risultati politici superiori al suo peso specifico, grazie anche all'imperizia di chi riesce a confezionare disegni di legge senza arte né parte (vedere alla voce intercettazioni) e nomine di ministri che durano lo spazio di una scampagnata e una comparsa in tribunale. Idea: sostituire Fini con Casini. Il problema è che in politica due più due non fa mai quattro ma tre. E sempre in politica le regole dell'azienda non servono a niente, i patti possono essere scritti e rotti nel giro di ventiquattro ore, se dunque Berlusconi cerca la stabilità con Casini non è detto che la trovi. E veniamo a lui, al grande corteggiato, il bel Pier Ferdinando. La sua strategia dal punto di vista dei numeri ha reso ben poco, l'Udc resta un partitello, e senza un cambio della legge elettorale per quello che domani dovrebbe essere il partito della nazione, il destino è solamente quello di partito della piccola fazione. Ma il destino, alla fine della fiera, riserva a Casini qualche carta da giocare soprattutto se il caos nella maggioranza continuerà ad essere quello delle ultime settimane. Non sapendo più a quale santo votarsi, il presidente del consiglio guarderà ai post democristiani con un misto di speranza, fiducia, e tremenda paura. Non bisogna dimenticare, infatti, che ai tempi di Marco Follini, il leader era Casini e in quelli di Cesa il leader è sempre lui, Casini. Bossi direbbe, nomen omen. Ed eccoci al terzo punto del nostro viaggio nel caravanserraglio della maggioranza. la Lega non ha alcuna intenzione di avere Pier tra i piedi e tanto meno in consiglio dei ministri. Allargare la maggioranza all'Udc o al partito della nazione, fate voi, sempre Casini sono, significa mettere al tavolo da gioco un altro pokerista. In questo momento al tavolo verde le carte hanno cominciato a girare vorticosamente: prima vinceva solo Berlusconi, poi il Cav ha cominciato a perdere qualche mano in favore della Lega, ora Fini che doveva fare la parte del pollo ha cominciato pure lui a mettere insieme dei full, se al tavolo si siede un marpione come Casini il gioco si fa durissimo e aumenteranno i bluff. Al Carroccio Casini sta come l'acqua al fuoco, l'uno elimina l'altro. La Lega ha un solo obiettivo: un federalismo fiscale propedeutico un domani, in caso ve ne fosse la necessità, a una «secessione dolce». L'Udc tutto questo, per quanto sia un partito già privo di grande afflato e di un programma credibile, tutto questo non dico che lo combatta, ma certamente non lo approva. E uso questa parola non a caso: in Parlamento le leggi si approvano o si bocciano e chi non approva boccia. Ecco dunque spiegate le ragioni per cui Bossi avrà un solo obiettivo: impedire l'allargamento della maggioranza e sbarrare la strada a Casini. Così la Lega manterrà tutto il suo potere d'interdizione e proseguirà la sua mirabolante campagna del Nord e il suo disegno all'incontrario. L'Italia, infatti, è l'unica nazione unita che progetti il suo smembramento. Nel mondo contemporaneo un solo caso di secessione è stato pacifico, senza problemi: riguarda quello della Cecoslovacchia. In tutte le altre situazioni federalismo e/o secessione sono stati il frutto di tragedie nazionali. Ho l'impressione che la politica stia ragionando davvero pochissimo su questo percorso e gli incidenti che ormai ciclicamente rendono il passo del governo sempre più pesante, sono il sintomo di questa idea e visione che manca. Più che allargamento per ora è accecamento.  

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