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L'eolico fa volare soldi per ingraziarsi Verdini

Denis Verdini, coordinatore del Pdl

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«Un'associazione per delinquere diretta a realizzare una serie indeterminata di delitti» e caratterizzata «dalla segretezza degli scopi, dell'attività e della composizione del sodalizio». Il gip di Roma Giovanni De Donato non ha dubbi e, nelle 60 pagine dell'ordinanza che ha portato all'arresto di Flavio Carboni, Pasquale Lombardi e Arcangelo Martino, ricostruisce per filo e per segno l'attività del «sodalizio». Dalla sorte del Lodo Alfano alla candidatura per la Regione Campania, passando per l'eolico in Sardegna, le «interferenze nei confronti di componenti del Csm», il «giudizio sull'esclusione della "Lista per la Lombardia"» di Roberto Formigoni, la «fallita ispezione alla Corte di appello di Milano». Il tutto per «ottenere vantaggi di varia natura (ivi compresi appalti pubblici e provvedimenti giudiziari e amministrativi favorevoli) in favore dei componenti del sodalizio o anche di terzi». I tre si muovono su più fronti «attraverso una fitta rete di conoscenze nei settori della magistratura e della politica».   E un nome spicca più di altri: quello del coordinatore del Pdl Denis Verdini. Secondo il gip, infatti, «la rilevanza della funzione da lui svolta emerge dai ripetuti incontri organizzati presso la sua dimora di palazzo Pecci Blunt, ai quali sono intervenuti abitualmente i tre sodali e, di volta in volta, altri rappresentanti istituzionali». Ma l'ordinanza parla anche dei «colloqui intrattenuti da terzi in cui» si fa riferimento al coordinatore Pdl e pure dell'«interesse dell'onorevole Verdini sotteso ai versamenti effettuati in favore della Società Toscana di Edizioni Spa (Verdini detiene una quota delle Società Toscana di Edizioni Srl ndr)». Secondo il nucleo speciale di polizia valutaria, infatti, «fra il 5 giugno 2009 e il 24 dicembre 2009» soggetti terzi hanno versato 800mila euro nelle casse della società. Il gip spiega che «gli elementi raccolti fanno ritenere che il versamento risponda, in realtà, ad un interesse di Verdini (peraltro presidente del Credito Cooperativo Fiorentino presso il quale gli assegni circolari impiegati per tale operazioni risultano negoziati)».   Ma nelle pagine dell'ordinanza spunta anche il nome del vicepresidente del Csm Nicola Mancino. Succede quando il «sodalizio» si muove per far nominare «magistrati graditi» ad «alcune cariche direttive». Tra questi Alfonso Marra aspirante alla carica di presidente della Corte di Appello di Milano. E così il 24 novembre Lombardi incontra Mancino. Al termine (ore 18.22) telefona a Martino per relazionarlo sull'esito del faccia a faccia. E si vanta: «Io stavo a Roma e ho fatto quello che dovevo fare è andata bene!...quindi abbiamo fatto un ottimo lavoro ho fatto!». Poi, però, forse poco convinto dell'appoggio del vicepresidente Lombardi (ore 19.15) chiama l'avvocato Donato Pennetta «chiedendogli di intercedere nei confronti di "Nicola", affinché si convinca a votare per Marra». La sera del 3 febbraio Lombardi riceve la telefonata di Mena Di Santo («segretaria - si legge nell'ordinanza - addetta all'ufficio di Cosimo Ferri, componente togato del Csm») che gli comunica la vittoria di Marra per «14-12» e gli dice che hanno votato per lui «Mancino, Carbone e la Tinelli». Lombardi informa Martino dell'esito: «Allora abbiamo fatto il...presidente della Corte d'Appello (...) È tutto apposto!».

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