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La Presidenza del consiglio e Giancarlo Galan fanno muro contro l'emendamento sulle quote latte.

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Ilprimo a parlare è stato l'ex governatore del Veneto. Galan ha denunciato la presenza, nell'emendamento alla manovra finanziaria, del comma che «salva» la legge 33, voluta l'anno scorso da Luca Zaia. Una norma «fatta per 67 persone» che sposta a dicembre il pagamento delle multe da parte degli allevatori che non hanno rispettato i limiti di produzione di latte imposti dall'Unione europea. Così si penalizza «fortemente» il 95% degli agricoltori che hanno sempre rispettato le leggi, ha tuonato Galan. E ci si pone «in netta contrapposizione con le politiche di rigore finanziario proprie della manovra di bilancio», causando un onere pari a 5 milioni di euro per le casse dello Stato. Il ministro si è detto quindi pronto a dimettersi se l'aiuto agli allevatori «splafonatori» restasse in piedi. Una presa di posizione netta, che ha trovato sponda nel governo: da palazzo Chigi è arrivata una nota che esprime «parere contrario all'ulteriore corso» dell'emendamento. «Mi auguro che nessuno si dimetta e che tutto si risolva concordemente», ha commentato il presidente dei senatori Pdl, Maurizio Gasparri. Ad attaccare Galan sono stati invece i compagni di partito. Il vicepresidente dei deputati della Lega Nord, Sebastiano Fogliato, ha parlato di «strumentalizzazioni ideologiche». La presa di posizione di Galan è «l'ennesima occasione per attaccare il suo predecessore», ha aggiunto. Il provvedimento, ha concluso, va valutato «per quello che è, ossia una misura per dare ristoro agli allevamenti da latte che, come tutte le imprese italiane, stanno soffrendo la congiuntura negativa».

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