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Il ruggito del Cav: "Ghe pensi mi" Resa dei conti con il ribelle Fini

Il premier Silvio Berlusconi

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«Ghe pensi mi». Silvio Berlusconi al ritorno in Italia dal viaggio all'estero in Canada, Brasile e Panama è tornato a ruggire: «Adesso mi trovo qui, con una situazione italiana che mi pare non precisamente tranquilla». E allora eccolo pronto a indossare l'elmetto per dipanare tutte le matasse sempre più ingarbugliate all'interno della maggioranza e allontanare le nuvole cupe che sembrano addensarsi sul governo fino a far parlare di una crisi  che, come ribadisce il premier: «Quando faccio una cosa la faccio fino in fondo e con grande determinazione, con risultati concreti». Eccolo quindi pronto ad aprire l'agenda e a dettare il calendario: «Da lunedì prenderò in mano tutti i titoli che sono sul tavolo, dalla Manovra alla legge sulle intercettazioni, alla riforma della giustizia». Perciò, «come dicono a Milano "ghe pensi mi" e da lunedì tutte queste cose andranno a buon fine». Così Berlusconi, dopo aver tracciato un bilancio positivo sia dei recenti vertici internazionali G8 e G20, sia della trasferta nel continente americano, torna a parlare di politica nostrana partendo proprio dallo scontro interno al Pdl tra la maggioranza berlusconiana e l'area finiana. Quindi, se da un lato il capogruppo alla Camera del partito Fabrizio Cicchitto, denunciava che «c'è qualcuno nel Pdl che ha preso come modello la litigiosità del Pd e tenta di imporla all'interno del centrodestra», Berlusconi avverte: «Sicuro che se qualcuno pensa che le correnti possono provocare un raffreddore in questo caso io sono certo di evitarlo di sicuro».   Un chiaro avvertimento a Fini. Un ultimatum nel vertice tenuto ieri a Palazzo Grazioli con lo stato maggiore del partito, durante il quale Berlusconi non ha lesinato affondi contro il presidente della Camera: «Nessuna resa con il traditore Gianfranco Fini» che «con Bondi ha fatto cose da pazzi». L'intenzione quindi é di prendersi qualche giorno di tempo per riflettere, per arrivare - sono parole di Cicchitto - «alla pace o alla separazione consensuale». Ma ormai è stata tracciata la strada e sembra che mercoledì, durante un ufficio di presidenza del Pdl, potrebbe essere sancito il «divorzio». Poi lo stesso Cicchitto ha rincarato la dose raccontando lo sfogo del premier: «O Fini rientra o sarà la guerra per farlo fuori politicamente». Una guerra che potrebbe giocarsi già sul tema delle intercettazioni tanto che la tentazione sarebbe quella di forzare la mano sul ddl per vedere come si comportano in aula i finiani. «Voglio vedere in quanti lo seguono se c'è la scissione» avrebbe addirittura detto il premier. Un'affermazione che non spaventa i finiani che affidano a Italo Bocchino la replica: «La notizia che il presidente Berlusconi in persona prenderà in mano da lunedì l'agenda è positiva», ma per quanto riguarda l'ipotesi di una separazione consensuale «cosa certa è che mai e poi mai lasceremo il partito politico che abbiamo immaginato prima di altri e costruito con passione». Lo scenario peggiore, quello della frattura, comunque non spaventa Berlusconi che ieri sembra aver ricordato come il governo Prodi sia andato avanti con due senatori di vantaggio per due anni, quindi «possiamo farcela tranquillamente anche noi senza quelli». Intanto anche il caso Aldo Brancher continua a creare dibattito all'interno della maggioranza. L'obiettivo del Pdl sarebbe quello di evitare il voto di sfiducia richiesto da Pd e Idv e in calendario l'8 luglio alla Camera e, per questo motivo, il partito potrebbe chiedere al neoministro del Decentramento di fare un passo indietro. Un'ipotesi che il diretto interessato, in serata, ha smentito nettamente. «Mai parlato di un passo indietro, non so da dove arrivi la notizia», ha affermato ribadendo la volontà di confermare la sua presenza all'udienza del processo che lo riguarda, a Milano: «Non so perché dovrei rimangiarmi la parola», ha detto.  

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