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La sparatona di Di Pietro

Il leader dell' Italia dei Valori Antonio Di Pietro

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Alla fine non è rimasto che il golpe. Le hanno tentate tutte per sconfiggere Silvio Berlusconi e ora ai suoi detrattori sta venendo voglia di «far saltare il Palazzo». E così, esaurite tutte le strade per mettere fuori gioco il presidente del Consiglio più longevo della storia della Repubblica, ecco che proprio Tonino dei Valori, l'uomo che si ritiene essere l'ultimo difensore della democrazia e della Costituzione, fa il rivoluzionario e pensa al Colpo di Stato. Un ultimo disperato tentativo per sovvertire violentemente l'ordine delle cose dopo una lunga serie di insuccessi. Non ce l'hanno fatta con le elezioni tanto che, non solo non sono riusciti a sconfiggerlo, ma lo hanno addirittura rafforzato. Allora hanno tentato di scagliargli contro i magistrati ma, neppure in questo caso, sono riusciti a farlo finire dietro le sbarre. Poi hanno cercato di cavalcare l'onda degli scandali D'Addario, Villa Certosa e delle statuette in piazza duomo a Milano, ma neppure in quei casi sono riusciti ad abbatterlo. Anzi, per l'ennesima volta Berlusconi ha vinto potendo contare su un sempre maggior numero di italiani che non gli hanno voltato le spalle e, nel segreto dell'urna, hanno continuato a dargli il proprio consenso. Eppure, secondo loro, il dittatore, il piduista o, addirittura, il diavolo è sempre lui tanto che il solito Di Pietro tenta di tracciarne un profilo: «Il modello Berlusconi altro non è che un modello rivisto e corretto del regime di Mussolini con l'aggiunta del piduismo di Licio Gelli». Ironia della sorte, proprio mentre il leader dell'Idv tira in ballo l'ex capo della loggia massonica P2, il venerabile Gelli, ormai ultra novantenne, boccia l'esecutivo: «Gli uomini al governo si sono abbeverati al mio Piano di Rinascita, ma l'hanno preso a pezzetti. Io l'ho concepito perché ci fosse un solo responsabile, dalle forze armate fino a quell'inutile Consiglio superiore della magistratura. Invece oggi vedo un'applicazione deformata». Ma è solo l'inizio e infatti, dopo avere sparato ancora sugli uomini del governo («Sono gli stessi di vent'anni fa e non valgono nulla»), aver attaccato il Parlamento («È pieno di massaggiatrici, di attacchini di manifesti e di indagati») e aver definito la Lega «un pericolo che sta espropriando la sostanza economica dell'Italia», si sfoga contro Berlusconi: «Certamente non condivido ciò che accade per sua volontà. Deve essere meno goliardico». Un'intervista nella quale Gelli sembra quasi la pensi come Di Pietro, tanto che nelle ultime battute dichiara: «Qui siamo oltre i margini della rivolta. Siamo alla Bastiglia». Eppure lo scenario proposto dall'ex capo della loggia P2 non è abbastanza catastrofico per i fedelissimi di Tonino tanto che, il capogruppo alla Camera dell'Idv attacca: «Le parole di Licio Gelli sembrano quelle di un moderato rispetto a quelle che di solito pronuncia Berlusconi. Ormai il premier ed il suo governo sono oltre la P2». E poi aggiunge: «Se persino il capo della P2 sente la necessità di dire che siamo "alla Bastiglia", vuol davvero dire che la situazione politica, sociale ed economica del Paese è degenerata». Insomma i dipietristi hanno dato un'ulteriore dimostrazione di coerenza. Fino a ieri non avevano perso occasione per sparlare di massoneria e di loggia P2, poi, è bastato che il venerabile Gelli attacchi il governo e Berlusconi che sono disposti a fare marcia indietro e applaudirlo. Da dal quartier generale dell'Idv lo stratega Di Pietro sta valutando anche altre strade per mettere in difficoltà Berlusconi nel caso in cui il golpe risultasse una strategia impraticabile. E allora la parola chiave del piano "b" diventa impeachment. Tonino infatti rispolvera il caso Unipol chiedendo una commissione d'inchiesta parlamentare sulla vicenda dell'intercettazione del colloquio tra Piero Fassino e Giovanni Consorte che sarebbe finita sul tavolo di Silvio Berlusconi, nel 2005. «Gli americani mandarono a casa Nixon per molto meno» tuona Di Pietro chiedendo le dimissioni del premier nel caso in cui risultasse vero che il premier avesse ascoltato illecitamente il file della conversazione. Infine, come non attaccare il governo anche sul caso delle dichiarazioni dell'ex uomo di "cosa nostra" Spatuzza? Un'occasione per tornare a denunciare rapporti tra Berlusconi e la mafia che, questa volta, è l'eurodeputato dell'Idv Luigi De Magistris a non lasciarsi sfuggire: «L'esecutivo con Spatuzza, vuol colpirne uno per educarne 100: chi parla di Berlusconi e mafia è esposto all'abbandono dello Stato». Così si chiude il cerchio. In un solo giorno per l'Italia dei Valori, Berlusconi torna ad essere dittatore, massone e mafioso. Chissà cosa sarebbe successo se avesse detto lui e non Di Pietro: «Vien voglia di far saltare il palazzo».

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