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Silvio non tratta con i finiani

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Gianfranco Fini

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  "Fermi tutti. Non si fa nessuna trattativa". Silvio Berlusconi arriva a Roma e detta la linea. Arriva nel pomeriggio e si chiude a palazzo Grazioli. Ma il messaggio che filtra è chiaro: con i finiani non si riapre nessuna discussione. Almeno sulle intercettazioni. Sulla Manovra no, si può parlare. La partita sul disegno di legge che pone un freno alle registrazioni telefoniche e alla loro pubblicazione si sta complicando ogni ora di più. Fini sembra sempre più convinto ad accettare le richieste che arrivano dall'opposizione, in particolare dal Pd, che ha suggerito di fatto uno slittamento a settembre. E sui tempi il presidente della Camera, regolamento alla mano, ha ampi spazi di manovra. Il Cavaliere ha convocato una riunione per oggi, a ora di pranzo, con tutto il vertice del Pdl. E dunque è abbastanza chiaro che proprio in previsione del summit che servirà a definire una nuova strategia l'azione diplomatica tra berluscones e finiani si fermi. Il premier tuttavia non sembra pronto a cedere un millimetro. Ormai ne fa una questione di sopravvivenza stessa del governo. In questi mesi, infatti, era riuscito faticosamente a mettere su un metodo di lavoro che aveva consentito di trovare un accordo con gli uomini del presidente della Camera. Una settimana fa l'ufficio di presidenza del Pdl aveva trovato un'intesa sulle ultime modifiche da apportare al testo approvato al Senato e che sta appunto per iniziare di nuovo il suo iter a Montecitorio. «Abbiamo votato appena qualche giorno fa e per giunta all'unanimità - si è sfogato il capo del governo con chi lo ha sentito al telefono -. In quella sede si è detto chiaramente che il testo sarebbe stato approvato entro l'estate. Non è possibile che adesso si ricomincia a discutere, accampando scuse e dicendo che è meglio un approfondimento e slittare a settembre». Cedere ora significherebbe entrare nel pantano della discussione senza fine, salterebbe anche quel briciolo di regola che Berlusconi era riuscito faticosamente a conquistare in queste settimane. È chiaro che se si aprisse di nuovo il dibattito, sebbene non vi sia stato in questi giorni alcun fatto nuovo, significherebbe anche sconfessare gli organi di partito che si sono riuniti. Ecco perché Berlusconi non vuole mollare, non vuole riaprire la partita e considera il testo ormai blindato. È disponibile a mettere la fiducia. Ed è anche per questo che, per il momento ancora indirettamente, in discussione adesso c'è il governo stesso. Intanto la pressione non accenna a diminuire. Persino l'Ocse (l'organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa) interviene: l'Italia «rinunci o modifichi» il ddl sulle intercettazioni che potrebbe «seriamente ostacolare il giornalismo investigativo» nel Paese. A parlare è Dunja Mijatovic, responsabile dell'Ocse per la libertà dei media. «Sono preoccupata - ha detto - che il Senato abbia approvato una legge che potrebbe seriamente ostacolare il giornalismo investigativo in Italia. I giornalisti devono essere liberi di riferire su tutti i casi di pubblico interesse e devono poter scegliere come condurre una indagine responsabile». Parole che hanno suscitato la reazione della Farnesina che ha subito rimarcato «con fermezza» a Vienna, dove ha sede l'Ocse, «l'inopportunità » di un intervento del genere su un ddl il cui iter non è ancora concluso, visto che dopo il via libera del Senato, per entrare in vigore dovrà essere approvato dalla Camera e firmato dal presidente della Repubblica.

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