Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

Figuraccia di Marchisio mentre canta l'inno d'Italia

Un'immagine del video che accusa Marchisio di aver detto

  • a
  • a
  • a

La nazionale di calcio era diventato l'unico baluardo dell'italianità. Il solo momento in cui il Paese si presentava unito.  Ora arriva un ragazzotto torinese, Marchisio, 23 anni, di professione calciatore, che inconsapevole strumento di una deleteria campagna leghista, avrebbe incrinato anche questo baluardo. Nel cantare l'inno prima della gara con la Svizzera, dopo la frase «che schiava di Roma» avrebbe aggiunto ladrona. Condizionale d'obbligo perchè ci si deve limitare a interpretare il labiale e manca un sonoro. Nelle immagini si vedono le risatine o la sorpresa di chi gli stava vicino. Non ci sono conferme e c'è la difesa d'ufficio di Lippi. Poi in serata arriva il comunicato del suo procuratore: non voleva offendere l'inno, era solo fuori tempo. Ci dobbiamo credere? Diciamo pure di sì. Cannavaro conferma. Ma a parte che la precisazione è arrivata dopo tante ore dalla denuncia, la smentita appare un po' formale. Come se il calciatore e il suo procuratore non si siano resi conto della gravità dell'accusa. Per anni lo spirito patriottico di questo Paese trovava la sua completa espressione ai mondiali di calcio. Con il tricolore, poco rispettato dalla Sinistra che lo individuava come simbolo fascista, che finalmente nessuno si vergognava di sventolare. Più ardua è stata la battaglia per l'inno. Alla fine anche i nostri calciatori hanno imparato a cantarlo. Almeno formalmente uguali alle altre nazioni. E, per piacere, non ci venite a dire che Mameli non sarebbe passato alla storia se quella sua poesia non fosse diventata il simbolo dell'Italia unita. Certo del genovese Mameli non avremmo traccia. Ma quello è il nostro simbolo. E va rispettato. Sempre. Immaginate cosa accadrebbe nella vicina Francia se un calciatore si permettesse di sbeffeggiare la Marsigliese. La nazionale la vedrebbe col binocolo. E non potrebbe replicare solo chiamando in causa una stonatura. Dovrebbe dire molto di più. Il fatto che preoccupa è che il cattivo seme sta dando i frutti. Da quando Bossi si è inventata una Padania che non esiste, ha pure formato una squadra di calcio. A questo proposito, il figlio del senatur, mentre festeggiava per i successi sportivi della compagine dopolavorista lumbard, non ha saputo nemmeno dire che ai mondiali tiferà Italia. E che dire di miss Padania riservata alle giovani donne rigorosamente residenti nelle regioni del Nord? E della medievale cerimonia dell'ampolla? E di quei ministri che invece di Mameli preferiscono far suonare «la gatta» di Gino Paoli? E di quelli che pur di ostacolare la candidatura di Roma alle Olimpiadi gli hanno messo contro Venezia. E quel Roma ladrona distribuito a piene mani come i ramoscelli d'ulivo la Domenica delle Palme? Qualche segno lo hanno lasciato. Qualche guaio lo hanno creato. Al giovane torinese Marchisio, colpevole o innocente, a lui come ad altri giovani, vorremmo solo ricordare che l'unità di questo Paese, patrimonio necessario e insostituibile come si affanna a dire Napolitano, è partita proprio da Torino. A Torino si è deciso che la Capitale del Paese sarebbe stata Roma. I Mille di Garibaldi, sono partiti dalla Liguria. A Porta Pia sono entrati i bersaglieri dell'esercito piemontese, lo stesso che aveva conquistato il Sud. Marchisio rischia, suo malgrado, di diventare un simbolo. Il segno del male che possono fare le deliranti affermazioni di chi, ora forza di governo nazionale, avrebbe invece il dovere della responsabilità. Perchè, e ancora non è troppo tardi, va eliminata la contrapposizione Nord-Sud e soprattutto il sospetto tra gente figlia della stessa Patria.

Dai blog